Italia, Immobile: «Perché non segno come nella Lazio? Me lo chiedo anche io»

Ciro Immobile è intervenuto in conferenza stampa dal ritiro di Coverciano.

Ecco le sue parole: «Per me questa maglia rappresenta tutto e penso debba essere lo stesso per chi vuole fare questo mestiere e giocare a calcio. Ci sono stati momenti di forte delusione, ma anche momenti di grande emozione come l’Europeo, fino a quando il tecnico e l’Italia avranno bisogno di me, io sarò a disposizione. C’è il sogno di riportare l’Italia sul tetto del mondo e d’Europa. Giocando col club mi sono reso conto di poter dare ancora qualcosa alla Nazionale, anche se so che passerà ancora del tempo prima del prossimo Mondiale e del prossimo Europeo. Le critiche sui social? So che fanno parte del nostro mondo, l’occhio ogni tanto va a finire là, ma bisogna essere equilibrati nelle decisioni. Ci sono state critiche non solo per me ma per tutti. Un limite alle critiche social? È un mondo meraviglioso, ma alle volte ti distrugge nel vero senso della parola. Bisogna essere un po’ più’ equilibrati nei giudizi. Quello ad esempio che è successo a Leone (Acerbi, ndr) è andato oltre. Avevo pensato di lasciare la Nazionale, ma ripensando a quello che avevo fatto ho pensato che non era giusto fossero gli altri a decidere. Andare ai Mondiali in Usa? É uno degli obiettivi che mi sono posto”.

 

«La Nazionale e la Lazio? Me lo chiedo quasi tutti i giorni perché in Nazionale segno meno rispetto al club. Forse nella Lazio ho più margine di errore e qui ho qualche pressione in più. Fa rosicare aver vinto quattro volte la classifica dei marcatori e aver fatto un po’ meno qui. A volte vado in campo con la voglia di fare di più, ma strafare ti porta a fare delle grosse cavolate. Lazio da scudetto? Non posso urlarlo nello spogliatoio, ma sogno sempre di raggiungere il massimo. Credo che un calciatore o un uomo nella vita deve sempre ambire al massimo. Non urlo che la Lazio vincerà sicuramente lo scudetto, ma posso dire che è in forte crescita. Se poi arriviamo in Champions non è che ci resto male».