Il doppio ex Parisi presenta Palermo-Acr: «Vedrete: sarà 1-1»

L’edizione odierna della “Gazzetta dello Sport” riporta le parole del doppio ex di Acr Messina e Palermo, Parisi.  Da Palermo a Reggio Emilia, da Reggio Emilia a Trieste, da Trieste a Messina: palcoscenico della sua consacrazione e poi del fallimento più amaro. «Pietro Franza rimane il numero 1. Il miglior presidente della storia del Messina, quello che ha investito tutto se stesso, e non solo economicamente. Non mi sento di addebitargli colpe per quel fallimento». Dopo lui il nulla. Lo aveva profetizzato, Franza. «Oggi la città è peggiorata tanto. Il calcio è il suo specchio». Alessandro Parisi, o meglio il “Roberto Carlos dello Stretto”? «Bei tempi, quelli». Dal suo sinistro partivano missili e veniva giù lo stadio? «Impari in fretta, se passi parte della tua infanzia a calciare la palla al muro. Poi la natura fa la sua parte». Ora è coordinatore tecnico delle giovanili del Cus Unime. Sta insegnando cosa? «Responsabilità, disciplina, sacrificio. Con i ragazzi è uno scambio reciproco». Folgorato da Messina: qui l’apice della carriera, l’amore della vita, la famiglia, l’esordio in Nazionale. «Si vive bene con poco, la città è tranquilla. E poi l’affetto della gente è straripante. Ai tempi della A qui un “biancoscudato” era più importante del presidente della Repubblica». Ora è cambiato. E tanto. «Quella Messina era viva in tutti i settori. Allo stadio 40mila persone e il tifo era da panico. Emozioni bellissime». Come Messina-Roma 4-3. Esordio in A. La sblocca Parisi. «Ho segnato il 1° gol in una gara ufficiale al San Filippo e l’ultimo, il torneo prima, nel Celeste. Non male,eh?». Già: Messina-Como 3-0. Di nuovo in A dopo 40 anni. «La sera, per le vie del centro, sembrava di stare al carnevale di Rio de Janeiro. Il delirio». Adesso rimane solo l ’eco, e domenica c’è il derby col Palermo. Siamo in Serie D «Seguo abbastanza il torneo, ma finirà 1-1. Rosanero più forti, l’Acr con Zeman è ripartito». Da palermitano: questo Palermo è irraggiungibile? «Non è il Bari dello scorso anno. Ha qualcosa in meno e in più allo stesso tempo». Cosa, in più? «Alcuni fattori che vanno al di là della tecnica e della tattica. E anche dei nomi. Diciamo che la squadra di Pergolizzi ha la capacità di calarsi a pieno in questa dimensione». Ergo: il campionato è una storia già chiusa? «No, il Palermo dovrebbe farcela, ma sarà meno facile di quanto si pensi». Lei a Palermo è nato e ha iniziato la sua carriera senza mai più tornare. «Sul tema ho un rimpianto». Non aver indossato nuovamente la maglia rosanero? «Tutt’altro. Non aver mai segnato contro il Palermo». Avrebbe esultato? «Non conosco l’ipocrisia: sì». Sassolini nella scarpa? «Amo la mia città e non la rinnegherò mai. Nel calcio però per ben due volte non ha creduto in me. Sono cresciuto in rosanero. Poi la prima squadra, l’esordio in C. Ma mi sono trovato costretto a partire. Poi l’anno in cui andai a Messina, il Palermo di Zamparini voleva riportarmi a casa, ma siccome ero palermitano, pensavano che dovessi accettare certe condizioni. Per intenderci, che dovessi accontentarmi. I tifosi pensarono che fu un mio rifiuto, ma si sbagliavano». Poi i 14 gol col Messina in B e l’inizio dell’era Mutti. «Nella partita della promozione contro il Como, non stavo bene fisicamente e durante il riscaldamento mi chiese: “Allora, com’è”? Ed io:“Non sto bene e questa partita è troppo importante. Ci giochiamo la Serie A». Lui mi fa: “Ale, tu puoi giocare anche con una sola gamba”.E in effetti non si sbagliava. Ho pure segnato». Ora Messina ha addirittura 2 squadre in Serie D… «Un errore clamoroso. Una dispersione di energie, e non solo economiche. Al di là dei marchi –e in tal senso io sono affezionato a quello dell’Fc Messina-il progetto del club di Arena mi sembra sinceramente più solido e di prospettiva. Ma una unione d’intenti sarebbe l’ideale». Lei a Messina è tornato a fine carriera anche in campo. Con mister Arturo Di Napoli. Non finì benissimo. «Era l’ultima chance che mi ero concesso. Ma anche il riconoscimento ad una città che mi ha dato tutto. La fine?Se cerchi di costruire e altri pensano solo a distruggere allora meglio fare un passo indietro. Non volevo più essere accostato a certe cose per colpa di qualcuno. Già avevo sofferto in passato». E come ha fatto a tirarsi fuori dal tunnel? «Dio è il mio segreto. Mi mette pace e serenità. Non l’ho mai messo da parte, nemmeno quando vivevo solo di momenti di gloria».