Giornale di Sicilia, Brandaleone: “Quando si pagano le colpe degli altri”

Di seguito, l’analisi di Mato Jajalo proposta da Carlo Brandaleone e presente nell’edizione odierna del “Giornale di Sicilia”: “Da somaro a campione in cinque giorni. Mato Jajalo non è nulla di tutto questo, benché in maglia rosa abbia ricevuto principalmente fischi (gli ultimi dopo il ko col Cittadella) pagando anche per colpe non proprie. La prima quella di appartenere a una «scuderia» che nell’immaginario di parte del popolo rosanero ha causato il dissesto del Palermo. Quella di Davor Curkovic, da qualche anno consigliere e ispiratore di Zamparini. L’amore tra i patron friulano e l’agente croato sbocciò proprio in occasione del passaggio di Jajalo al Palermo, nel gennaio del 2015. Furono due i motivi per cui Zamparini accolse a braccia aperte il centrocampista bosniaco, che nottetempo era scappato dal ritiro del Rijeka. Il primo è che arrivò gratis. Fu pagata «solo» una commissione di 600.000 curo a Curkovic. Il secondo è che, con l’arrivo di Jajalo, Zamparini avrebbe potuto fare fuori Maresca. Poco contava che Jajalo il playmaker non l’avesse mai fatto. Anni prima a Siena, sempre con lachini, aveva fatto la mezzala, il mediano ma mai il regista. Non è cosa sua per tecnica e visione di gioco. Ma, giocando tra Barreto e Rigoni, Jajalo non demeritò. La strada balcanica al calcio ispirata da Curkovic avrebbe potuto avere un senso con inserimenti minimi, affiancati a giocatori di valore e di esperienza. Così Zamparini ebbe la felice intuizione che si poteva fare calcio spendendo poco e affidandosi anima e cuore all’amico croato. Insomma, Jajalo a sua insaputa fu l’inizio del-la fine. Perché, a parte Nestorovski, poi arrivò una lunga sfilza di mezze figure, alcune inquietanti come Silva. E la realtà è sotto gli occhi di tutti: nonostante l’ottima classifica il Palermo gioca contro Cittadella e arena e rischia il fallimento. Jajalo è sempre stato «penalizzato» dal suo marchio di fabbrica e dall’essere impiegato in un ruolo non suo. In un ruolo che nel Palermo di Corini e Liverani. E la differenza può essere compresa anche da chi non ha fatto il corso di Coverciano. Eppure, ha portato la croce cantando, come di dice. Incassando vagonate di fischi benché non abbia mai tirato indietro la gamba. Se gli avversari gli lasciano spazi come sabato ad Avellino può tenere bene campo, ma quando viene aggredito sono dolori. Perché nel calcio non si inventa nulla e il generoso Mato a quasi trent’anni non ha più tempo per migliorare tecnicamente. Dovrà sperare che gli lascino giocare il suo calcio poderoso e compassato, in attesa dei primi veri applausi anche dai fans del Barbera“.