Gds: “Palermo, scommesse e debiti lavati con il sangue: delitto allo Sperone. Ci sono tre fermati”

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sull’omicidio allo Sperone.

Un delitto di mafia. Un regolamento di conti tra «due gruppi criminali» – così li definiscono gli investigatori – per il controllo del business delle scommesse clandestine. In città si è tornati a sparare e ad uccidere. Teatro del delitto è lo Sperone dove gli affari di estorsioni, spaccio di stupefacenti e scommesse abusive ingrassa le casse di una mafia, sempre più stracciona, che ricorre all’uso delle armi quando in ballo ci sono 2.500 euro.

Sarebbe questo il movente alla base dell’omicidio di Giancarlo Romano, 37 anni e del ferimento di Alessio Salvo Caruso, 29 anni che in queste ore lotta tra la vita e la morte all’ospedale Buccheri La Ferla. Le indagini condotte dalla squadra mobile, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Enrico Bologna e Francesca Mazzocco, sono proseguite tutta la notte dopo l’omicidio avvenuto nel tardo pomeriggio di lunedì in una traversa senza nome di via XXVII Maggio a due passi da Corso dei Mille.

Ieri mattina è arrivata la svolta con l’individuazione da parte della polizia di Camillo Mira, 55 anni, indicato
come autore dell’omicidio di Romano, e del figlio Antonio Mira, 20 an ni. Entrambi sono in stato di fermo
in attesa dell’udienza di convalida da parte del gip. Ad essere in stato di fermo è anche il ferito Alessio Salvo
Caruso che dopo essere stato operato ieri sera all’addome si trova ancora in pericolo di vita. Tutti e tre sono
ritenuti responsabili a vario titolo di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo d’arma da fuoco e tentata estorsione, reati aggravati dal metodo mafioso.

Il pomeriggio di fuoco dura almeno mezz’ora e si consuma nel suo tragico epilogo dopo una breve fuga. Ricatti e vendette. Cosa è successo in quel lunedì di sangue secondo la ricostruzione degli inquirenti? Per capirlo è necessario spostarsi al garage di via XXVII Maggio dove Pietro Mira, figlio di Camillo e fratello di Antonio, gestisce nella zona la raccolta delle scommesse abusive sui siti on-line. Sul luogo arrivano gli emissari di Caruso che gli chiedono di saldare un debito di 2.500 euro. Mira, però, quei soldi non li ha perché sono stati spesi per pagare le vincite. Ai picciotti di Caruso viene chiesto di attendere, ma la richiesta non è gradita. Il creditore, arrestato per estorsione nel 2016 nei confronti di un’azienda edile che stava effettuando una ristrutturazione in centro e condannato in via definitiva a 5 anni di reclusione, si presenta nel garage.