Gazzetta dello Sport, Sneijder shock: “«Il mio sogno? Il Milan. Inter mi hai deluso»”

“Amore e rabbia. «All’Inter ho dato tutto, ci ho messo il cuore, ma non è finita bene. Mi sono sentito calpestato. E poi giocare nel Milan era il mio sogno di quando ero bambino. Quindi sì, se tornassi in Italia vorrei giocare nel Milan». Wesley Sneijder parla come un amante tradito. Si infuria con l’Inter, eppure in fondo resta attaccato al 2010 e a un esordio favoloso, proprio in un derby. «E come dimenticarselo. Arrivai il venerdì e Mourinho mi mise in campo il sabato». Ricordi fantastici, poi c’è il sale sulle ferite. E il sale si chiama Frank de Boer. «L’Inter ha fatto male a mandarlo via. Non si tratta così la gente».

Pensa che De Boer avrebbe potuto costruire qualcosa? «Se gliene avessero dato la possibilità…

Frank ha fatto bene all’Ajax, ha fatto benissimo come vice in nazionale, nel 2010 al Mondiale ci ha aiutato molto. La verità è che l’Inter è finita con Moratti. Mi spiace che se ne sia andato, così è finito tutto. C’è bisogno di uno che comanda, uno che si faccia rispettare e davanti a lui stiano tutti zitti. Adesso i giocatori non hanno riferimenti. I cinesi? Chi sono, chi li vede, dove stanno? Sono sicuro che i giocatori neanche li conoscono».

Ma ci sono anche Ausilio e Zanetti.

«E Zanetti che cosa può fare? Ha potere? Non credo, visto che poi decidono i proprietari cinesi. La forza della mia Inter era Moratti: c’erano certezze. E per avere una squadra che crea e vince il campionato e fa divertire la gente ci vuole tempo. De Boer non ne ha avuto, non ha conosciuto la città, non ha costruito lui la squadra. L’Inter ha fatto un errore. Se avesse saputo certe cose, se avesse saputo che ogni giorno gli avrebbero chiesto di far giocare Gabigol perché lo avevano pagato quaranta milioni secondo me Frank non avrebbe nemmeno accettato l’incarico».

Anche lei ha avuto problemi con la dirigenza interista.

«Io sarei rimasto, a un certo punto ho pensato: sto qui e aspetto. Ma poi volevo giocare, un calciatore non può stare fermo tanti mesi. Avrei perso la nazionale, avrei perso soprattutto quello che amo, cioè stare in campo».

Dicono che se n’è andato per non rinunciare ai soldi.

«Sciocchezze, me ne sono andato perché non si poteva fare diversamente, poi ne sono state dette tante ma pazienza. Io so che ho dato tutto per l’Inter e sono fiero di quello che ho ottenuto».

Il ricordo più bello di Milano?

«Yuto Nagatomo, un vero personaggio. Un giorno l’ho chiamato e gli ho detto “Devi venire a giocare in Turchia”, e lui mi ha chiesto: “Com’è Istanbullo?”. Scherzi a parte, per un giapponese è difficile stare tanti anni in Italia, lui veniva da un altro mondo, non parlava la lingua. Lo abbiamo aiutato, prima io e poi Cassano. E ormai Yuto è all’Inter da una vita».

Della vicenda del libro di Icardi che cosa pensa?

«Ha commesso una leggerezza, mi pare che abbia detto di non aver riletto il libro. A caldo si possono dire tante cose che non si possono mettere in un libro. Io non lo farei di certo. però i tifosi devono pensare che Icardi è un bene prezioso per l’Inter e certe cose passano. Icardi ha dato tanto al club».

Tornerebbe in Italia?

«No, non penso che tornerò più. Sono andato via litigando, eppure come ho detto vorrei giocare per il Milan prima di chiudere la carriera. Sono vecchio ma posso ancora giocare. In Turchia si sta bene. In Turchia il campionato è più complicato di quanto si pensi, è competitivo e la famiglia a Istanbul è contenta. Vedo le partite del campionato italiano e capisco che non è più il calcio di cinque anni fa, c’è meno qualità, ma il Milan è un mito per me».

Le piace questo Milan?

«Gioca come il Milan deve giocare. Montella ha coraggio e sta lanciando tanti giovani».

Anche a Istanbul ci sono derby.

«Sì, pieni di passione, intensissimi. ma quello di Milano è un derby a parte. Un’altra cosa. Ricordo quello che abbiamo vinto 4­0 quando sono arrivato, ricordo quando mi hanno espulso perché ho applaudito l’arbitro, non sapevo che non si potesse fare. Comunque, mi hanno cacciato, siamo rimasti in dieci e abbiamo vinto lo stesso, segnarono Milito e Pandev. E mi ricordo il derby di Pechino con lo stadio pieno di gente. Quella serata dà la misura delle sfide fra Inter e Milan: il derby di Milano è uno spettacolo».

L’atmosfera c’è ancora.

«Sì ma quei derby contavano qualcosa. Chi vinceva il derby vinceva il campionato. Ora vince sempre la Juve».

E’ vero che negli anni scorsi è stato vicino alla Juve?

«C’è stata una possibilità, ma Italia per me vuol dire solo Milano. E tornerei solo per il Milan o l’Inter, anche se la storia è finita male».

Inter, in difficoltà, Mourinho in difficoltà: la stupisce?

«Sono convinto che costruirà una grande squadra. Anche lui però ha bisogno di tempo e a Manchester non ne hanno dato neppure a Van Gaal. Quando cambi società e ti trovi in un club storico che ha bisogno di tornare a vincere subito non è facile lavorare, ma Mou è grande».

Lei però ha avuto successo anche con Van Gaal in nazionale.

«Il Mondiale in Brasile è stata una bella avventura e restare fuori dall’Europeo un dolore grandissimo. Adesso dobbiamo ricostruire una squadra intorno ai giovani che abbiamo, ma io, Robben e Stekelenburg siamo ancora qui. Non possiamo rischiare di rimanere a guardare in due grandi tornei di fila. Ho fiducia in questa Olanda, abbiamo dei bravi ragazzi che hanno talento. Ramselaar mi piace, Brenet è bravo, ce ne sono tanti. E comunque gliel’ho detto: se Dio mi concede di star bene come sto adesso, posso giocare fino a quarant’anni. I ragazzi della nazionale sono avvertiti»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.