Ex rosa, Morgia: «Ho voglia di tornare ad allenare»

Intervistato da “Professione Sport” l’ex rosanero Massimo Morgia, si è espresso su vari temi parlando anche del suo futuro.

Ecco qualche estratto:

«Ho allenato tanto e avrei una voglia immensa di tornare in campo ad allenare i ragazzi, ma purtroppo la pandemia mi ha bloccato. Lo scorso anno ho iniziato ad allenare a Lamezia, ma poco dopo hanno sospeso il campionato per l’emergenza sanitaria. Inizialmente ero stato chiamato per coordinare un progetto che riguardava il settore giovanile e la prima squadra, ero monto entusiasta, ma successivamente ho dovuto lasciare per la sospensione. Nella mia vita ho deciso sempre io cosa fare, ho deciso di intraprendere questa carriere, abbandonare società e di allenare calcio dilettantistico. Quando devo smettere devo deciderlo io senza il volere di nessun altro. Sono sempre stato una persona che ha saputo valutarsi, e mai come ora ho le motivazioni giuste per poterlo fare e per tornare ad allenare. L’anno prima ancora ero a Chieri in Serie D. La pandemia ha ucciso questo sport, ha bloccato quello che sarebbe dovuto essere il serbatoio del calcio futuro. Molti ragazzi oggi si trovano in Serie D ad affrontare campionati semi professionisti, senza però aver mai giocato campionati minori, e questo è un grosso svantaggio per chi allena e per chi gioca. Se non erano pronti prima, figuriamoci adesso! Purtroppo il calcio è basato sulla rete del mondo economico, e mancando le risorse è stato impossibile poter accedere a certi protocolli e portare avanti grandi progetti studiati negli anni. Il calcio oggi è cambiato tanto, a partire dall’approccio in campo. Quando ero piccolo dovevo litigare con i miei genitori per andare a giocare a calcio, avevano paura che mi rovinassi le scarpe e non dedicassi abbastanza tempo allo studio. Oggi la maggior parte dei genitori spingono i propri figli nelle scuole calcio più per moda più che per passione. Dobbiamo cercare di far innamorare i bambini all’interno delle società, soprattutto in quelle più piccole. I bambini devono prima di tutto divertirsi, senza però dimenticare la motivazione e il sacrificio. Il nostro compito è quello di non farli diventare troppo meccanici. Sono romano e indubbiamente Francesco Totti per me rappresenta il calcio: sia per doti fisiche, tecniche e fantasiose. Per lo più ha giocato con una sola maglia e questo gli rende onore. Oggi non c’è più l’amore e l’appartenenza per i colori, spesso si cambia facilmente squadra per semplici questioni economiche o per la troppa panchina. Negli anni oltre al calcio anche il ruolo del calciatore si è evoluto, e invece credo che sia il momento di riportare, soprattutto i più piccoli, a ciò che era il calcio 40 anni fa. Questo deve essere fatto all’interno delle società, proprio per ridargli questo senso di appartenenza che sembra essere svanito. Faccio un esempio: nel nostro paese non nascono più tanti talenti come la storia ci ha insegnato, questo perché non si gioca più sulla strada. Il mio augurio più grande è quello di tornare al più presto in campo per poter trasmettere la mia passione e amore per il calcio!».