Eleonora Abbagnato: «Balzaretti? Vi dico come mi conquistò a Palermo. Per i suoi figli ha rinunciato a Milan e Napoli»

L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” ha realizzato una lunga intervista ad Eleonora Abbagnato, l’etoile palermitana e moglie dell’ex rosanero Federico Balzaretti.

Eleonora Abbagnato è tutta fuoco. «Sono siciliana e sono un vulcano». Fino al 2021, è stata l’unica ballerina italiana (insieme con Carlotta Zambelli, ma in epoche remote) a diventare étoile all’Opéra di Parigi, che è il luogo dove è nato tutto, perché fu Luigi XIV a istituire la prima Accademia di danza. Lì si imparano lo stile, le posizioni, l’eleganza, il gusto, il vocabolario che nella danza è francese. Sul palco, gli incontri della sua vita sono due: Pina Bausch, che a 17 anni la scelse per La Sagra della Primavera, e soprattutto Roland Petit. Dal 2015 è direttrice del corpo di ballo dell’Opera di Roma. Ma continua a ballare, sarà in un gala il 20 giugno al Ravenna Festival, stella tra le stelle. «Le mie ballerine mi chiamano Wonder Woman».

Com’è entrata la danza nella sua vita? «Mamma aveva un negozio d’abbigliamento a Palermo e non avendo dove lasciarmi, al piano di sopra c’era la scuola di danza di Marisa Benassai, mi lasciava lì. A 4 anni ero già attaccata alla sbarra. A 10 anni ho iniziato uno stage importante a Montecarlo, all’epoca era una grande scuola, frequentata da Nureyev. Poco dopo Marisa mi disse che a Palermo veniva Roland Petit, il grande coreografo, per La Bella Addormentata. Cercava una bambina. A 14 anni sono entrata alla scuola dell’Opéra di Parigi. Unica italiana. Il livello era molto alto, la direttrice, Claude Bessy, mi disse, vediamo se resisti. Fu Carla Fracci a incoraggiarmi a studiare fuori»

Lei vive in una piccola tribù. Ha due figli, Julia di 10 anni e Gabriel di 8; più i due figli che Federico Balzaretti ha avuto nel primo matrimonio, Lucrezia ne ha 17 e Ginevra 14. «Di Lucrezia e Ginevra non sono la mamma ma le ho cresciute io. È una storia particolare, Federico ha avuto l’affidamento esclusivo».

E la loro mamma biologica? «Aveva altro da fare».

Vede le figlie? «No».

Com’è crescere figli non suoi? «È più difficile, hai il pensiero che magari fai qualcosa di male, o che fai mancare loro qualcosa. Le amo, è come se fossero figlie mie. Ma se non studiano mi arrabbio, se si comportano male le sgrido e tolgo il cellulare».

La chiamano mamma? «A me non piace che mi chiamino così, però sì la piccola mi chiama mamma, la grande mi chiama Ele. Aveva un anno e mezzo quando l’ho vista la prima volta. È legatissima a Federico, che è un padre fantastico. Ed è stato sincero fin dal primo giorno. La prima cosa che mi ha detto, il giorno che ci siamo conosciuti (attraverso Nino, un amico comune che fa il parrucchiere), è che la sua priorità erano le figlie. Io ero guardinga, era diventato padre così giovane, a 21 anni… Ho saputo dopo che per le figlie aveva rinunciato a trasferirsi al Milan e al Napoli. Federico lo risposerei ogni mese».

Il calcio le interessa? «Ha sempre fatto parte della mia vita, mio padre era presidente del Palermo e mio zio direttore sportivo del Catania, mio nonno materno giocava»

Con Federico è stato un colpo di fulmine? «Secondo il nostro comune amico, siamo simili nel carattere. Vero, abbiamo gli stessi valori, è un uomo d’altri tempi, ma lui per temperamento è più riservato, io sono ordinata in maniera ossessiva. Se qualcuno mi sposta un oggetto vado fuori di testa, i vestiti nei cassetti sono disposti per colore, il rosso col rosso e via dicendo. Sono maniacale anche nelle docce: ne faccio tre al giorno».

Il primo incontro con Federico? «È avvenuto a cena da me a Palermo, c’era anche mio padre. Ci siamo frequentati, dopo un anno mi ha chiesto la mano, nella mia casa di Parigi, a Montmartre. Aveva acceso non so quante candele. Io temevo che prendesse fuoco tutto».

Ride: «Ho detto subito sì, hai visto mai che non me lo chiedeva più».