Corriere dello Sport: “La piccola Serie A che piace agli americani”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sugli americani in serie A.

Bergamo, Texas? La notizia che un altro altro magnate americano sta per arrivare nel calcio italiano ha dato una nuova scossa alla Serie A: per ore è circolato il nome di George Rosenberg Roberts, finanziere di Houston, stessa città da cui è arrivato il nuovo proprietario della Roma Dan Friedkin, a cui lo avvicina la passione a giocare su più tavoli. Il gruppo di investimenti fondato da Roberts nel 1976, la KKR, è stato indicato in trattative per l’acquisto dell’Atalanta, prima della smentita.

Secondo Sky Sport Italia, si parlava di un’acquisizione dell’85 per cento delle quote del club, per un valore di 350 milioni di euro, lievitati poi come un panettone a mezzo miliardo perché in vendita ci sarebbe stato anche gran parte del gruppo Percassi, che spazia dalla logistica alla cosmesi. KKR, attraverso un portavoce contattato da Radiocor, ha smentito la trattativa, ma secondo altre fonti potrebbe esse re solo parte della storia. Tutta l’attenzione si è così concentrata su Roberts, 77 anni, laurea in legge, l’uomo che ha portato il fondo americano a detenere quote a livello globale, dalla Cina al Regno Unito, spaziando dal petrolio agli aerei, con un portfolio di cento titoli di compagnie che, insieme, generano ricavi per 244 miliardi di dollari, e che fanno di KKR una delle cinque società di investimenti più grandi al mondo. Il personaggio, secondo Forbes, è accreditato di un patrimonio personale di otto miliardi di dollari, vive in California. A lui e ai suoi soci è ispirato un libro investigativo, “Barbarians at the Gate”, in cui si racconta l’acquisizione di RJR Nabisco, nel 1988, con l’intero capitale fatto di prestiti bancari.

Le voci sull’Atalanta, nonostante la smentita, confermano però un trend: il calcio italiano continua a piacere molto in America. Quando tre anni fa, citando la frase di un broker di Wall Street, il Corriere dello Sport-Stadio scrisse che «tutti i club di Serie A, tranne la Juventus, sono in vendita», aveva solo disegnato lo scenario attuale. Anche quelli che hanno proprietà solide e determinate a restare, come Inter, Napoli, Lazio e Fiorentina, continuano a essere seguite con interesse da gruppi finanziari potenti, soprattutto di New York, Texas e Connecticut. Milano, Firenze, Napoli e Roma sono città brand, molto amate dagli americani, ma la questione sentimentale – come sa chi bazzica il mondo finanziario – è pari a zero: ogni investitore americano cerca dollari e ricavi certi. E il calcio italiano è considerato «attrattivo»: grande passato, presente modesto, costi ridotti rispetto ai club della Premier e vincoli meno rigidi rispetto alla Bundesliga. Le plusvalenze dai vivai piacciono da matti, stessa linea tracciata dalle proprietà della Mls americana: cercano giovani nelle academy Usa o in Sudamerica, con la speranza di rivenderli in Europa a peso d’oro. Il calcio italiano resta terra di plusvalenze e di scuole calcio. Per questo, in attesa che Bergamo scopra se la pista americana, con Roberts o altri, si concretizzerà, nessuno, tranne la Juve, può sapere cosa riserverà il futuro.