Corriere dello Sport: “La Nuova ondata azzurra”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla vittoria dell’Italia contro l’Ungheria.

Ancora Giacomino, modello Paolo Rossi, per la prima volta il volante Dimarco. Così il tricolore è rimasto a righe verticali, sventolando qui a Budapest, dove l’Italia si è presa il piacere e perfino il gusto di battere l’Ungheria rivelazione di Marco Rossi, bissando il successo dell’andata, a Cesena, scavalcandola in cima alla classifica, e conquistando di nuovo la Final Four di Nations League, prevista il giugno prossimo nei Paesi Bassi, dove oltre agli olandesi sono già attesi i croati e la vincente di Portogallo-Spagna di stasera.

Si chiude dunque con un acuto il 2022 agonistico di Mancini, marchiato dalla mancata qualificazione al mondiale. Una Nazionale segnata dalle assenze ha saputo fare di necessità virtù, adattandosi con spirito costruttivo al nuovo modulo varato dal ct contro gli inglesi, mostrando forza morale e convinzione, qualità in parte smarrite, al di là della cabala, nel momento decisivo della corsa verso il Qatar. Ovvio che il rammarico, dopo i meritati successi di questi giorni, contro Inghilterra e Ungheria, non svanirà di certo, né oggi né tra un mese e mezzo. Ma uscire da questa doppia curva autunnale non era scontato. E Mancini e la sua Italia lo hanno fatto nel modo migliore, magari con meno estetica ma con cuore e anima.

Il clima? La temibile Carpathian Brigade ha lanciato l’applauso ritmato durante l’inno italiano, seguito dai sessantamila della Puskas Arena, amplificato politicamente da Viktor Orban, in tribuna qui come a Cesena a giugno, ansioso di cogliere un risultato sportivo storico contro l’Italia, vissuta mai così poco avversaria come ieri. E i primi secondi del match sono apparsi subito vibranti. Mancini come l’amico Marco Rossi alla fine hanno cambiato un solo uomo per parte (Nego per Gazdag alto a destra nell’atteso 3-4-2-1 e Gnonto per Scamacca) rispetto ai successi della scorsa settimana, contro Germania e Inghilterra. Per gli azzurri, aver sostituito la torre del West Ham (poco apprezzata dal ct a San Siro) con il furetto del Leeds, come previsto, doveva rispondere all’idea tattica di difendersi in modo compatto e ripartire con velocità, supponendo l’assalto ungherese. Una situazione verificatasi inizialmente. Il fatto è che la Nazionale, in questa nuova veste tattica, ha quasi subito costretto l’Ungheria a chiudersi nei propri 30 metri, pressando altissimo con la catena di destra (Di Lorenzo-Barella-Toloi), con Acerbi a tutto campo, con Jorginho uomo ovunque, di nuovo lasciato senza marcatura come già contro gli inglesi e con Dimarco a sinistra, in versione Spinazzola, a tratti incontenibile.

L’immediato ribaltamento di prospettiva è nato da un’occasione da gol arrivata dopo 5′, propiziata da Cristante in percussione e sventata sulla linea da Attila Szalai dopo un quasi autogol del portiere Gulacsi. Spaventata e pressata l’Ungheria si è chiusa. L’elegante ma poco produttivo Szoboszlai non è bastato a capitalizzare qualche ripartenza. Il problema azzurro piuttosto si è rivelato il fatto di non poter sfruttare inizialmente in spazi tanto stretti il duo Raspadori-Gnonto. Finché proprio loro, dopo un primo pressing di Barella in fascia, hanno portato all’errore Szalai in uscita e Nagy, con Gnonto lesto a buttarsi in anticipo su Gulacsi, permettendo a Giacomino di ripetersi, come a San Siro, arrivando a quota 5. Il match a questo punto è diventato vibrante, di grande intensità, con l’Italia trascinata da Dimarco e l’Ungheria al tiro in porta in pratica allo scadere con Szoboszlai, dopo un’uscita a vuoto di Donnarumma.