Corriere dello Sport: “Felice a Palermo: L’Under 17 D’Amico è cresciuto in fretta”

“«Il calcio è magia e ha cambiato la mia vita. Ogni gol, ogni episodio, ogni goccia di sudore mi hanno spinto a scoprire l’identità mai avuta». Ecco Felice D’Amico, uno dei più promettenti “saranno famosi” di casa Palermo, diciassette anni il 22 agosto, e il suo straziante racconto di come abbia attraversato montagne di disagi prima di trasferirsi in un lido più … felice, come il suo nome. Sì, Felice la metafora di una esistenza ritrovata. Immagini e vicissitudini suggestive di un ragazzo della U.17 rosanero che ha perso il padre quando aveva due mesi, con la mamma che vive alla Caritas e l’ha abbandonato, che a cinque anni scappò di casa preferendo la strada alla mancaza di affetti. Un bambino a rischio sempre sull’orlo del precipizio, già vecchio prima di crescere, un piccolo capobranco, insensibile, senza avvenire e allo sbando che, grazie ad una famiglia che l’ha tenuto con sè dandogli un calore infinito e al Palermo che lo ha allevato e mandato a vivere nel suo pensionato, è diventato goleador del suo girone, gioca alla … Neymar (Baccin lo paragonò a Del Piero), studia con profitto, ha fatto parte della selezione nazionale e domenica scorsa, recuperata una gioventù mai goduta, ha guidato altri giovani alle Final Four. I colpi di talento contro l’Inter non sono serviti. Ugualmente, Felice è uscito fra gli applausi. E quel che più conta come calciatore del futuro. IL GOL PER RINASCERE. «Il pallone, la mia luce. Ha sempre rotolato nella direzione giusta. Ho capito che mi avrebbe portato alla riconquista di me stesso e del mio avvenire. Ora mi sento veramente… Felice. Ma quante ne ho passate! Sono nato a Palermo, mio padre è morto per tumore alla testa. So solo che si chiamava Antonio ed era meccanico. La mamma? L’ho ritrovata quando ha cominciato a sentire il mio nome in giro. Ma non provo nei suoi confronti il fuoco che un figlio dovrebbe avere. Non conta il vincolo di sangue. Io la penso così. I genitori non sono quelli che ti mettono al mondo, ma chi ti dà amore e speranze, ti insegna l’educazione e non se ne frega di te. In parole povere la famiglia che mi ha voluto. Iginio e Mary? Li chiamo papà e mamma, i loro figli sono i veri fratelli. Ma quante ne ho passate! Combinavo troppi guai, litigavo con gli altri ragazzini, mi sentivo già uomo, giocavo a boccette con i grandi. Un giorno spaccai una bottiglia di birra sul tavolo della professoressa. Quante volte Baccin mi ha fatto pulire lo stadio? Cavolate che non farei più e delle quali mi scuso. Mi è capitato di dormire per strada e in macchina. Meno male che ho un carattere forte. Da bambino facevo il fruttivendolo, prendevo la merce allo “scaro”, montavo la bancarella e strillavo per guadagnare due soldi. Non andavo a scuola, il pallone era tutto. Ora è diverso: ho frequentato il quarto anno di ragioneria, la mia fidanzata Simona mi coccola con parole dolci ma appena sono sveglio dice: prima vai a scuola e poi mi dai il buongiorno. Il sogno? Una Maserati». Ecco il messaggio ai giovani che vivono nelle tenebre: Non arrendetevi”. Questo quanto riportato da “Il Corriere dello Sport”.