Corriere dello Sport: “Bufera Covid in Premier ma si gioca. E Pep urla: «Sciopero»”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla bufera covid che si sta imbattendo nel regno unito e soprattutto in Premier League mettendo a repentaglio lo svlgimento.

Tra rinvii, Covid e allenatori importanti – da Klopp a Conte, da Guardiola a Rangnick – che suonano campanelli d’allarme per il calendario sempre più intasato, la Premier League affronta uno dei suoi Boxing Day più tristi e difficili. Ma andiamo per ordine. Rinviate per focolai Covid sia Liverpool-Leeds United e Wolverhampton Wanderers-Watford. Non rinviata invece, almeno per il momento, nonostante le insistenti richieste dei “Toffees”, Everton-Burnley. Le regole della Premier League parlano di rinvio solo se i giocatori disponibili sono meno di 14. «Abbiamo tre portieri più nove giocatori di movimento e tra questi vi è Calvert-Lewin, che non gioca da agosto», afferma Rafa Benitez, tecnico dell’Everton. «Magari recupereremo qualcuno alla vigilia o il giorno di Natale, magari no. Magari ci saranno altri casi. Di sicuro è impossibile allenarsi e preparare le partite in queste condizioni».

La Premier League confida nel fatto che il nuovo protocollo per i positivi al Covid – se non vi sono sintomi si può uscire dall’isolamento dopo 7 giorni e non più 10 – aiuterà i club a recuperare giocatori. Ma si sente già la rivolta degli allenatori. Sia Jurgen Klopp che Antonio Conte, freschi dalla qualificazione alle semifinali di Coppa di Lega, hanno chiesto che si giochi in partita secca, con rigori al novantesimo, invece con il formato “andata-ritorno” (la semifinale è l’unico turno della competizione che non viene giocata in gara secca). Senza peli sulla lingua anche Pep Guardiola. Ieri ha boicottato in segno di protesta la videochiamata tra gli allenatori di Premier League, parlando addirittura di sciopero. «Le parole non servono, bisogna passare alle azioni concrete, come uno sciopero magari – afferma Guardiola – Si gioca troppo, si mette a repentaglio la salute dei giocatori. Non saranno certo la Fifa, l’Uefa, la Premier League, le televisioni a risolvere la situazione, per loro il business è più importante della salute».