Corriere dello Sport: “Alle radici di Gnonto Willy, il primo della classe”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su Gnonto dopo il suo approdo in Nazionale.

La storia devi per forza iniziare a raccontarla dal campetto della chiesa pievana dedicata ai Santi Gervaso e Protaso, proprio al centro di Baveno. Wilfried Gnonto è partito da lì, dal quel rettangolo di erba sintetica adesso usurata dal tempo, sotto lo sguardo di papà Boris Noël e di mamma Chantal, affacciati alla finestra di casa. «Abitavamo in uno dei due appartamenti della parrocchia – ci ha raccontato Noël -, accanto a quello di Don Alfredo Fomia, che ci aveva sposato nel 2000 e non ci faceva pagare l’affitto. Noi contraccambiavamo con dei lavori per la chiesa, della quale eravamo i custodi». Tre anni più tardi, nel vicino ospedale di Verbania, è nato Willy, il ragazzo che ha stupito l’Italia del pallone e ha dato per l’ennesima volta ragione a Mancini: i giovani bravi devono giocare. Prima o poi qualche presidente di Serie A ascolterà il ct?

La famiglia Gnonto a Baveno è ancora… di casa nonostante se ne sia andata nel giugno 2020 per seguire il figlio che ha accettato la corte dello Zurigo. In questo comune di 5.000 anime sul lago Maggiore tutti li conoscono perché Chantal ha lavorato per 21 anni come cameriera al Grand Hotel Dino, mentre il padre ha cambiato diversi impieghi nei paesi limitrofi. È stato lui, nel 1993, il primo ad arrivare dalla Costa d’Avorio. Non aveva il permesso di soggiorno, così abitava con il fratello Jermain e, prendendo tre treni ogni mattina («Più 10 chilometri a piedi»), andava a lavorare in un’azienda di rubinetti a San Maurizio d’Opaglio («Il salario? 5.000 lire l’ora»). Quattro anni e mille sacrifici dopo, è tornato ad Abidjan, ha sposato la sua Chantal («Avermi sempre accanto gli ha cambiato la vita» ha scherzato lei, che lo ama fin da quando era bambina), e l’ha portata con sé a Baveno. Lì è andato in scena il matrimonio bis, stavolta in chiesa. Perché la famiglia Gnonto è molto credente e Wilfried, che ha fatto pure il chierichetto durante le messe di Don Alfredo, anche adesso va in chiesa. Da due anni vivono in un appartamento non lontano dall’aeroporto della capitale del “Kanton Zürich” come ha detto ieri sorridendo mamma Chantal. «Willy e io il tedesco lo sappiamo – ha sottolineato per prendere in giro il marito -, lui no. Mio figlio per le lingue è portato visto che ne parla quattro (italiano, inglese, tedesco e francese, ndr) e a scuola era bravissimo pure in latino».

LIBRI A COVERCIANO. Da qui è nato il soprannome “latinista del gol” svelato nel corso dell’intervista alla Rai. Lo ha imparato al liceo classico “Cavalieri” di Verbania, ma quando si è trasferito nel convitto dell’Inter ha cambiato scuola e si è iscritto al liceo scientifico sportivo di Busto Arsizio che frequenta tuttora on line. «Studiare gli piace e ieri sera (venerdì, ndr) a Bologna si è fatto portare i libri di matematica e diritto per prepararsi alla maturità» ha confidato con orgoglio il papà. Un “particolare” che testimonia quanto questo ragazzo abituato ad avere ottimi voti a scuola abbia la testa sulle spalle. «Era il primo della classe sia alle elementari sia alle medie. Ora sta frequentando anche la scuola svizzera che gli permetterà di avere il diploma per svolgere qualsiasi tipo di lavoro». Di dubbi sulla professione che eserciterà, però, ce n’erano pochi quando era bambino e ce ne sono ancora meno adesso, dopo la notte del Dall’Ara nella quale i suoi genitori hanno pianto di gioia, seduti in tribuna. «Avevo la speranza che entrasse in una della tre partite di Nations League – è andato avanti papà Noël -, ma non mi aspettavo che avesse una chance già contro la Germania. Quando ha servito l’assist dell’1-0 a Pellegrini, siamo schizzati tutti e due in piedi. D’accordo, in tribuna bisogna essere composti, ma non potevamo trattenerci». Nel dopo partita lo hanno abbracciato con affetto e gli occhi ancora lucidi. Il debutto in azzurro è stato come chiudere un cerchio.