Corriere dello Sport: “Agnelli: «La Superlega è viva»”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla questione relativa alla Superlega.

Non era né il palcoscenico né il momento giusto per un secondo tentativo. Andrea Agnelli ieri ha deluso chi si aspettava di conoscere il nuovo progetto della Superlega al quale i numeri uno della Juventus, del Barcellona (Laporta) e del Real (Perez) stanno ancora lavorando insieme a investitori e altri partner. Con la pandemia non conclusa e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il rischio di un nuovo fragoroso “scivolone” sarebbe stato alto e per questo, al Business of Football Summit organizzato a Londra dal Financial Times, il presidente bianconero si è limitato a difendere il lavoro fatto lo scorso aprile e a criticare l’Uefa per il modo monopolistico con cui gestisce il mondo del calcio.

Quante e quali saranno le squadre “fisse” della nuova Superlega e quante quelle che si qualificheranno tramite i campionati, lo vedremo in futuro. Soprattutto se la Corte di Giustizia Europea darà ragione ad Agnelli e soci abbattendo il monopolio Uefa. Ieri era troppo presto per scoprire di nuovo le carte e rischiare una figuraccia bis. Meglio temporeggiare.

Al netto delle mancate rivelazioni sulla nuova formula e di un accorato appello iniziale alla pace («Il calcio è contro la guerra»), Agnelli qualche sassolino dalle scarpe se lo è tolto. Non è stato tenero con Tebas che, prima di lui, a proposito dei promotori della Superlega aveva tuonato: «Mentono come Putin». «Non mi interessa rispondere a quello che ha detto. Le sue parole si commentano da sole» la prima stoccata di Andrea al numero uno della Liga che in un secondo momento non è stato neppure nominato, ma semplicemente etichettato come “lo spagnolo”.

Eccoci alla bordata destinata all’Uefa: «Il mondo del calcio ha bisogno di profonde riforme. L’Uefa è adatta a guidare un’industria che ha un fatturato da 75 miliardi, paga tasse per 25 e dà lavoro a 1 milione di persone? La mia risposta è “no”. Chi fa le regole, chi gestisce i tornei e chi si occupa dei ricavi commerciali dovrebbero essere tre entità diverse, non la stessa come succede adesso con l’Uefa. Attualmente le misure adottate da Nyon non sono state adatte a rilanciare il mondo del pallone».

Se tra qualche mese la Corte di Giustizia Europea decreterà che organizzare una nuova competizione, non riconosciuta da Uefa e Fifa, è legittimo, le carte in tavola cambieranno. Agnelli si è mostrato ottimista: «Aspettiamo la decisione per capire se l’attuale gestione è aperta e trasparente oppure se c’è un monopolio. Ho fiducia nella Corte Europea, l’unica che può dire se nel calcio sono rispettati i valori espressi negli articoli 1.1 e 1.2 della costituzione europea. Quello che abbiamo fatto lo scorso aprile non è stato un fallimento e non era una minaccia, ma un progetto portato avanti da dodici club, non da tre o da una singola persona. Non c’era la volontà di cercare un compromesso, ma si trattava di un grido d’allarme di un’industria che è disperata. Non sono rimaste solo tre società, ma siamo ancora in undici perché ci sono vincoli e clausole in un contratto da centovemti pagine».
Come dire… si va avanti e, anche se qualcuno si è tirato fuori, è ancora legato alla Superlega. L’opposizione di Ceferin resta durissima, anche se Agnelli non se ne cura troppo: «Noi vogliamo prendere parte ai campionati nazionali e poi giocare competizioni europee diverse da quelle organizzate dall’Uefa». Una soluzione che a Nyon non prendono in considerazione, appoggiati dalle Federazioni e dalle Leghe, pronti a mettere al bando tra i confini nazionali i… dissidenti.