Corriere della Sera: “Addio a Zamparini. Passione e idee moderne di un mangia-allenatori”

L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma sulla scomparsa di Maurizio Zamparini ripercorrendo i suoi trascorsi da patron del Palermo.

C’è una sola cosa più importante di quello che fai ed è il ricordo di quello che hai fatto. Così è bello pensare a Maurizio Zamparini, scomparso ieri a 80 anni, con le parole di Paulo Dybala che, tra tanti campioni che aveva scoperto, è forse quello a cui Zamparini si era più affezionato (come Walter Sabatini per Javier Pastore): «Sei stato il primo a credere in me, sono arrivato in Italia che ero un bambino e con la tua famiglia mi hai accolto come se fosse casa mia. Presidente, mi hai aperto le porta di una città bellissima dove ho conosciuto tanta gente bella e dove ho avuto tanti e grandi amici. Mi hai dato la possibilità di continuare la mia carriera dove ho voluto, sempre con il massimo rispetto e sempre pensando al mio bene. Per questo e per tante altre cose ti sarò sempre grato, non ti dimenticherò mai Presidente. Grazie mille, di tutto. Il tuo Picciriddu».

Nella stagione 2014-15 Dybala segnò 13 gol e servì 10 assist in 34 partite. Il campionato seguente era alla Juventus. Zamparini sapeva che al Venezia (prima) e al Palermo (poi) non poteva trattenere i giovani talenti che aveva messo sotto contratto. Se li faceva pagare, certo, ma studiava insieme a loro la strada per il futuro. Dava i suoi consigli e poi, come ha scritto Dybala, «la possibilità di continuare altrove la carriera». Come diceva Sting: «If you love somebody, set them free» («se ami qualcuno lascialo libero»). Nei «coccodrilli» ci sono tre errori da fuggire come la peste: far diventare tutti i morti dei santi; raccontare il passato come il paradiso che non era; trasformare le persone in caricature. Santo Zamparini non lo era: finì anche nei guai per reati societari, fiscali e finanziari. Il calcio in cui ha vissuto non era il Paradiso: tanti guai attuali sono nati allora. Una caricatura, però, non lo è mai stato. Chi lo disegnava così non aveva capito niente di lui. Recitava la parte del padre padrone ma in realtà aveva idee da Nba. A Venezia fuse la squadra con il Mestre («Ma feci una cavolata»), poi voleva costruire uno stadio nuovo e costruirci vicino uno dei suoi Mercatoni.

In serie A, per capirci, decenni dopo si gioca ancora al «Penzo». Propose a Pozzo uno scambio alla pari tra Venezia e Udinese, la squadra del suo cuore. Respinto con perdite. A Palermo, in C, promise la serie A e arrivò addirittura in Europa e in finale di Coppa Italia, persa contro l’Inter. Ha avuto sotto contratto Cavani, Dybala, Pastore, Toni, Balzaretti, Miccoli, Barzagli, Sirigu, Ilicic… Come pensare che non volesse fare anche la formazione? Francesco Guidolin, il suo allenatore preferito, diceva di lui: «È il miglior presidente del mondo dal martedì alla domenica». Il lunedì, spesso, esonerava. Chi li ha contati dice che sono stati 51. Ogni mese però — soprattutto ai tecnici esonerati — il bonifico bancario arrivava puntuale. È stato inutilmente cattivo solo con Luciano Spalletti, che esonerò come tutti gli altri ma che definì anche «lugubre», con una frase che l’allenatore toscano non meritava. A volte, per non perdere una battuta, si accetta il rischio di perdere una persona.