Capitano, la maledizione dei rigori e quell’addio doloroso

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sul ritorno di Corini al Palermo.

Palermitano, Corini, lo è diventato sin da quando ha iniziato a giocare in rosanero. Prima capitano “in pectore” poi capitano ufficiale, dopo aver guidato i compagni verso la promozione in serie A e dopo aver festeggiato il traguardo anche in curva, prima dell’ultima giornata di quel campionato trionfale.  Il “Genio” è diventato palermitano anche al di fuori del terreno di gioco, sposando Aurelia (palermitana doc) con cui ha avuto due figlie, Sofia e Carlotta, mentre Alessandra e Filippo sono nati dal precedente matrimonio.

Ha impiegato pochissimi a diventare un idolo della tifoseria, Corini. Ai tempi, va detto, bastava poco per entrare nelle grazie del tifo palermitano. Se poi in campo il piede era fatato come il suo destro…la strada non poteva che essere tracciata. Rigorista designato fin quando non ha lasciato l’incarico a Toni per la corsa di capocannoniere dell B, punizioni pennellate sulla testa del bomber di Pavullo e non solo, un bottino da 12 gol da regista di centrocampo seguito poi da un clamoroso zero nel successivo anni in A. Una stagione storica, segnata da una piccola maledizione: tre rigori sbagliati contro Fiorentina, Lecce e Udinese.  Con Zamparini non mancarono i contrasti ma in quell’ultima stagione si era rivelato ancora una volta determinante. Da giocatore fu persino capocannoniere del Palermo con 10 reti come Di Michele.