Arena: “Barbera sempre amaro per il Chievo. Maran cerca rivincite”

“Segnò Luca Rigoni quella sera a Palermo. Proprio lui, fresco ex, quando la partita sembrava non dovesse dire molto altro e Rolando Maran cominciava a credere che un punto l’avrebbe portato a casa. Era la sua seconda puntata del dopo-Corini, la prima l’aveva persa senza meritarlo contro il Genoa. L’amaro in bocca fu parecchio ma quella sera al Barbera qualcosa scattò. Era il 29 ottobre di due anni fa, da allora il Chievo cambiò pelle. Divenne un altro. Solido, quasi inattaccabile, intenso dal calcio di inizio all’ultimo secondo di recupero. Quel viaggio a Palermo servì molto, quello dell’anno dopo molto meno perché il quadro era completamente diverso e il Chievo aveva tutto da perdere. Decisi i giocatori a salvare Iachini al quale non avrebbero comunque, più avanti, evitato un destino già segnato da un pezzo fra un ultimatum ed una tregua come nello stile di Zamparini. Il Palermo trovò la vittoria con Alberto Gilardino, l’unico a poter segnare in una contesa che Maran avrebbe dovuto stravincere. Le occasioni a un certo punto non si contavano più, il Palermo era il classico pugile quasi al tappeto in attesa del gancio da ko. Solo Gilardino e il destino non erano d’accordo, così al Chievo non restò che prenderla con filosofia e dirsi sul volo di ritorno che certe giornate in un campionato possono capitare. Palermo vuol dire però molto altro, perché la storia non è fatta solo di incroci sul campo. Per molto tempo il Chievo è stato fra le botteghe più gettonate da Maurizio Zamparini, presidente dal 2002 dopo aver lasciato Venezia, ambizioso ma anche acuto nel cercare non solo i giocatori bravi quanto quelli che sarebbero diventati fortissimi. Vedi Barzagli, vedi Amauri. SFIDA INFINITA. Palermo parla di 28 precedenti, il primo in campionato 22 anni fa col Chievo alla prima stagione di Serie B. Malesani perse 3-0 contro Gaetano Salvemini e il Palermo anche di Gianluca Petrachi, attuale direttore sportivo del Torino che ora guarda all’Europa, e proprio di Beppe Iachini che del Chievo sarebbe diventato l’allenatore 13 anni dopo. Neanche due campionati più avanti non andò tanto meglio. All’andata una doppietta di Scarafoni mandò all’aria i piani del Chievo che il 6 aprile dell’anno dopo, al ritorno, fu involontario spettatore non pagante di una delle più alte rappresentazioni di puro catenaccio firmato Ignazio Arcoleo, un santone a quei tempi a Palermo, etichettato come uomo dalle idee moderne e coi quattro attaccanti sempre in campo. Almeno a parole. Il pomeriggio del Bentegodi fu invece ai limiti della farsa, il Palermo tenne il pari fino alla fine senza affondare nemmeno negli undici minuti di recupero che al novantesimo parvero il minimo dopo tutti gli artifizi usati per far correre il cronometro senza mai giocare a pallone.  […] Beffarda Palermo, perché prima di Di Carlo era toccato anche a Iachini fare la stessa fine. Anche allora, il 2 settembre del 2008, in campo c’era Miccoli. Anche allora fu lui a metterci la firma, prima dei gol di Kjaer e di Cavani che diedero la vittoria al Palermo di Ballardini e convinsero il presidente Campedelli che era il momento di farsalire in rampa di lancio Corini. Proprio lui, leggenda a Palermo ma anche a Veronello. Oggi sull’altra panchina, quella che prima o poi avrebbe occupato perché Zamparini non si dimentica mai dei suoi figli prediletti. Soprattutto al momento del vero bisogno. Come adesso. Otto le vittorie del Chievo, 11 quelle del Palermo. Ma mai come stavolta i numeri contano poco”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “L’Arena di Verona”.