Venezia in A. Vanoli: «Ho detto a Conte che ci rivedremo presto»

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” riporta un’intervista a Vanoli appena promosso in A col Venezia.

Stravolto dopo ore di festeggiamenti, ma l’entusiasmo è senza filtri. Ricaricato come il suo Venezia prima di cominciare i playoff, fresco come una rosa rileggendo un percorso partito da lontanissimo. Lavorare a tutte le latitudini, in ogni angolo d’Europa tra Chelsea e Spartak Mosca, ha aiutato Paolo Vanoli a gestire quel carico di emozioni moltiplicato adesso che il Venezia tocca con mano la promozione. «Il primo a mandarmi un messaggio è stato Conte: in passato abbiamo lavorato insieme. Gli ho risposto che ci rivedremo presto in serie A». Da avversario col Venezia, o più facilmente al timone di un’altra squadra: il mercato bussa già alla porta. «Fatemi riposare ancora un paio di giorni, poi vedremo», è il comprensibile appello di Vanoli. Lui che ha portato al momento-verità un Venezia lucidissimo. Due sere fa il coronamento del percorso di un anno e mezzo: la vita – da allenatore – che ricomincia a cinquant’anni, lavoro e consapevolezza gli ingredienti primari dopo aver preso una squadra al penultimo posto della B.

Vanoli, andiamo contro-corrente: una promozione così forse l’avete assaporata nel tempo e non servono giorni per realizzare quanto fatto. «Nella mia vita ho sempre voluto pormi obiettivi di alto livello, altrimenti non ha senso fare questo mestiere. Quando sono arrivato al Venezia, magari ero un po’ spaventato. Ma per accettare questa sfida è stato fondamentale il mio carattere forte. Io sono una persone diretta: ho detto subito che se ci fosse stato anche solo l’1% di possibilità di portare il Venezia in serie A, lo avrei fatto».

Di slancio verso la serie A: qual è stata la difficoltà maggiore da superare? «Certe delusioni, tipo quella dell’ultima giornata quando lo Spezia ci ha sconfitto in rimonta ed è sfumata la promozione diretta. E’ stato un cammino difficile, penso che si siano viste anche le qualità morali e umane del gruppo. Il Venezia era secondo alla fine del girone di andata: ho detto alla squadra che in quel momento ci si doveva prendere delle responsabilità. Ed è scattato qualcosa, i successi parlano da soli, ma dietro c’è un lavoro di gente cosiddetta invisibile come lo staff. Per esempio: siamo stati la squadra col minor numero di infortuni in tutta la B, nelle 38 giornate più i playoff».

Vanoli ha un modello come allenatore? «Direi che da parte mia c’è molta curiosità, ognuno si caratterizza per qualcosa. Non bisogna mai uscire dalla propria idea di calcio. Ho affrontato due volte Xabi Alonso in amichevole: quest’anno è stato davvero stratosferico col Bayer Leverkusen».

Ormai è praticamente un must la proprietà straniera in A, come al Venezia. «Sono opportunità efficaci perché la voglia di investire non manca: faccio i complimenti al nostro presidente per questo. Ci ha dato una casa nuova con uffici che uniscono la parte amministrativa e quella sportiva, sta costruendo un progetto importante anche con lo stadio. All’estero non mi sono mai trovato in difficoltà. L’unico sbaglio che non va commesso, è eliminare la cultura italiana».