Rivista Undici: “Trasparenza e azionariato popolare. Ecco cosa significa il nuovo Palermo”

La “Rivista Unidici” dedica spazio al Palermo, partendo dal passato fino ad arrivare alla rinascita odierna. Di seguito si parla dei progetti per il futuro e della partita organizzata in occasione della presentazione della nuova squadra rosanero con le leggende del passato:

“Eppure, in questo c’è una sindrome di debolezza, del pensiero negativo. Un complesso d’inferiorità, sviluppato magari nello sforzo di allontanare i tradimenti. Perché in realtà le strisce fanno parte a pieno titolo della storia del Palermo. Sciorina Tarantino: già negli Trenta, poi di nuovo nei Sessanta, e più di recente alla metà dei Novanta – che tutti ricordano per il Palermo dei picciotti, cioè i tanti giocatori palermitani (come l’allenatore Ignazio Arcoleo), uno dei momenti di più profonda simbiosi tra squadra e città. Strisce o no, far brillare i colori è la prima sfida per creare una «nuova generazione di tifosi», come Mirri dice di voler fare. Un vero centro sportivo, ingressi a un euro per gli under 18 allo stadio, i giocatori nelle scuole. E poi la trasparenza dei bilanci e l’azionariato popolare. Nel programma c’è pure il rilancio del brand all’estero, dove secondo il vicepresidente italo-americano Tony Di Piazza «ci sono più tifosi del Palermo che di qualsiasi altra squadra italiana, con milioni di siciliani di terza e quarta generazione». Un calcio che non sia più solo moneta di scambio tra grandi campioni da ammirare e plusvalenze (più o meno vere) da mettere a bilancio. Quanti siano ora i veri tifosi del Palermo, in una città di 700mila abitanti baricentro di una regione di 5 milioni, resta materia di speculazione. Tra i 10 e i 15mila, stima per esempio Tarantino. Che in una serata di fine agosto, andando a vedere la partita con le vecchie glorie organizzata per presentare la nuova squadra – ottima risposta, ventimila sugli spalti per ammirare di nuovo Toni e Miccoli contro i nuovi bomber (si spera) dei dilettanti – nel viale che porta allo stadio mi racconta di essersi imbattuto in un padre con i suoi due figli, dieci anni circa. Andavano in direzione contraria, per nulla ostinati, sorridendo felici dopo quattro calci a un pallone in un tramonto d’estate nel parco adiacente il Barbera. Tutti e tre indossavano la maglia della Juve, e all’amichevole a cui molti in futuro si vanteranno d’essere stati – come in queste settimane tanti si ricordavano sugli spalti nell’87 per la partita con l’Atlético Mineiro, la prima dopo un altro fallimento – non sembravano affatto interessati. Nessuno però s’è stupito di loro. Poi, in un’altra notte di rinascita – che significa che si era morti, ma pure che non ci si arrende – la gente di Palermo è tornata nel suo stadio. Irredimibile, forse illusa. Quella notte, comunque felice”.