Repubblica: “Lo specialista Cacia e i gol controcorrente: «È un calcio per ipocriti»”

“È a un passo dal record di miglior realizzatore della Serie B di tutti i tempi: dopo la doppietta di venerdì all’Avellino, ha raggiunto quota 133 reti, due in meno dell’attuale primatista Stefan Schwoch e da stasera, a Cittadella, proverà ad agganciarlo. Ha segnato in Serie A, B, C1 e Coppa Uefa. Ma Daniele Cacia, 34 anni, attaccante del Cesena – nato a Catanzaro e innamorato di Piacenza – è un giocatore atipico: non ha procuratore né un profilo social, fa scelte contrattuali particolari e non ha paura di criticare il mondo del calcio. Cacia, è vicino a un traguardo storico, però… «Mi rendo conto che questo mondo non mi piace più. È stata la fortuna della mia vita, ma alcune cose sono poco apprezzabili». Cosa non sopporta più?
«Troppa ipocrisia: tra calciatori, dirigenti, procuratori. Per carità, sono nel giro da 18 anni, ci sono saputo stare. Ma alla lunga fatichi a sopportare tanta falsità. Per fortuna riesco a portare con me tante cose belle. Ad esempio, aver baciato una sola maglia. Quella del Piacenza». Dove nasce questo amore? «È la città dove sono cresciuto calcisticamente e dove ho deciso di vivere. Sto bene con la mia compagna Vanessa e i miei tre figli Mattia, Nicolò e Tommaso. Prima o poi chiuderò lì la mia carriera. Non ho bisogno di arruffianarmi le tifoserie. Il rispetto bisogna averlo dentro». Questo atteggiamento le ha causato qualche problema?
«Sì, talvolta è stato scambiato per freddezza o distacco, ad esempio nel periodo finale ad Ascoli. Ma in realtà ho provato sensazioni fantastiche lì: è finita male con il club perché nel calcio, se dici al 90% quello che pensi, non vai bene. Ma sono fatto così: meglio 50 nemici in più per tenere 10 amici veri».  Chi sono gli amici nel mondo nel calcio? «Missiroli, Troianiello, Tommaso Bianchi e Laner. Pochi ma buoni». Il livello di ipocrisia è aumentato con l’avvento dei social network? «Mai avuto un profilo. Mi sembra una pagliacciata. Una mancanza di privacy totale. Non ho bisogno di far sapere a tutti che vado a cena. E voglio tenere i miei pensieri per me». Perché da tre anni non ha più il procuratore? «Ho capito che potevo fare da solo. So qual è il mio livello. Se una squadra di B mi vuole mi può chiamare direttamente. E se sbaglio è colpa mia». Lo consiglierebbe a un ragazzo a inizio carriera? «No, assolutamente. Io posso permettermelo perché so qual è la mia strada. Un giovane a 20 anni deve essere indirizzato da una persona competente e seria». Dopo 133 gol che cos’è per lei la Serie B? «Un campionato affascinante perché incerto. Nella scorsa stagione in A, a parte la rimonta del Crotone, la lotta salvezza era finita a gennaio. Però in B il livello tecnico è calato. Giocano giovani di proprietà di club di A perché nei contratti è previsto che, a 30 presenze, scatta un premio». A Cesena ha firmato un contratto annuale anche se le offrivano un biennale. «Mi piace il rischio. Non ero convintissimo del valore del biennale. Allora meglio cercare di fare un anno alla grande e riparlarne a fine stagione. Ma negli anni passati non ho fatto sconti a nessuno. Non voglio fare il santo». Resterà nel calcio a fine carriera anche se questo mondo non le piace più? Sì, perché so fare solo questo. Sono andato via da casa a 13 anni per giocare a pallone. Mi vedo dirigente più che allenatore. Ma vorrei starci a modo mio»”. Questo quanto riportato da “La Repubblica”.