Repubblica: “Gliela faremo pagare”. L’odio tra gli ultrà nato per una bottiglietta”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sullo scontro ultrà finito in tragedia in Basilicata. Ecco quanto riportato: “La premessa la fa il procuratore di Potenza, un magistrato esperto come Francesco Curcio: «Non provate a voler capire: è tutto, incredibilmente, senza senso ». Ma le cose, domenica mattina — il cielo era grigio, e faceva freddo come oggi, un ragazzo è morto investito, due sono finiti in ospedale — sono andate più o meno così: i tifosi della Vultur Rionero, squadra dell’Eccellenza lucana, avevano deciso di mettere le cose in ordine con i supporter del Melfi. Tra i due gruppi c’erano vecchie ruggini — «capisce, queste sono comunità piccole, tranquille, ci si conosce, questa violenza… Perché? Di cosa stiamo parlando? » continua ancora incredulo il procuratore — ruggini dettate dal blasone e da piccoli precedenti di stadio: a settembre del 2018 e ad aprile del 2019 c’erano stati contatti, lanci di bottigliette di plastica da parte dei tifosi del Melfi, per questo sottoposti al Daspo. Niente di che, ma a Rionero non avevano dimenticato. A riaccendere la miccia, qualche parola sopra tono in alcuni gruppi on line. E così quelli del Rionero decidono di intervenire: nel corso di un paio di riunioni, anche a casa di alcuni tifosi, preparano quello che ieri gli investigatori hanno definito «un agguato premeditato, teso con violenza tribale». Il calcio in questa storia non ha alcun ruolo. La squadra del Vultur Rionero doveva scendere in campo a Brienza ma una trentina di suoi tifosi vanno in direzione opposta. E si fermano su una complanare della strada provinciale, nei pressi della stazione di Vaglio della Basilicata. Parcheggiano un minivan e si nascondono. Sanno che da lì a poco dovranno passare le auto dei tifosi del Melfi: la loro squadra è impegnata sul campo di Tolve e quello è un passaggio obbligato. Quelli del Melfi sono la metà, a bordo di cinque macchine. Ad annunciare il loro arrivo a quelli di Rionero è una staffetta, una macchina che li seguiva in incognito. Nulla, sembrerebbe, è stato lasciato al caso. «Sono spuntati all’improvviso, noi non immaginavamo nulla» hanno detto quelli del Melfi alla Polizia. Per gli investigatori non mentono. A bordo viaggiavano anche bambini. Niente armi, mazze. Andavano a uno stadio, non a una rissa. Quelli del Rionero, invece, avevano bastoni, tubi di ferro, tirapugni, tutti trovati e sequestrati dalla Polizia sui minibus che li avevano portati sul luogo dell’agguato. «Erano come una tribù — ha spiegato ancora il procuratore Curcio — volevano sfidarne un’altra e tutto era stato sicuramente pianificato per portare a termine l’agguato». Fabio Tucciariello, 39 anni, ha sempre avuto la Vultur nel cuore. Piccolo artigiano, un fratello che non c’è più da quasi dieci anni, una fidanzata che gli aveva riportato il sorriso. È lì con il gruppo di aggressori. Non è chiaro se partecipi anche lui all’agguato. Se è armato. Fatto sta che insieme con altre due persone si mette davanti alla Fiat Punto guidata da un ragazzo di Melfi, Salvatore Laspagnoletta, 30 anni. «Erano in tanti, armati e mascherati. Hanno cominciato a colpire la macchina, ho avuto paura e ho accelerato ». Tucciariello è stato travolto. Morto praticamente sul colpo. Altre due persone sono rimaste ferite. La Polizia è arrivata dopo poco. Laspagnoletta è stato subito arrestato. E così altre 24 persone, tutti tifosi del Rionero, quelli che avevano partecipato all’agguato. «Una violenza insensata che nulla a che spartire non solo con lo sport ma nemmeno con l’umanità» ha detto il vescovo di Melfi, monsignor Ciro Fanelli. Qui a Rionero dicono: «Sono usciti pazzi». Ma non è stato un raptus. Lo spiega bene il questore di Potenza, Isabella Fusiello. «Un mese fa c’è stata la partita tra Melfi e Rionero e avevamo avuto segnali di criticità. Ho convocato i presidenti e ho detto loro che in caso di incidenti avremmo chiuso gli stadi. Non accadde nulla». Si poteva evitare, questore? «Io non posso togliere uomini dal territorio per seguire le trasferte di pochi tifosi. I presidenti sanno chi sono i violenti e possono prendere provvedimenti». Ora la prefettura teme rappresaglie, come fosse una guerra di mafia. Per questo la strada è piena di lampeggianti di polizia. Non c’è traccia di palloni, invece. Dalla questura al carcere Potenza, i tifosi arrestati mentre vengono trasferiti in carcere. Ventiquattro del Rionero, uno solo del Melfi, Salvatore Laspagnoletta, accusato di omicidio volontario”.