Repubblica: “Cinquant’anni fa l’invasione alla Favorita. Altafini e l’insulto alla curva: «Io quel gesto non l’ho fatto»”

L’edizione odierna di “Repubblica” racconta un episodio successo 50 anni fa che vide protagonista l’ex calciatore del Napoli Josè Altafini che durante una gara Palermo-Napoli, conclusasi con il risultato di 3-2, fece il gesto dell’ombrello a tutti i tifosi rosanero. Quel gesto gli costò anche una denuncia, ma per sua fortuna si concluse tutto senza conseguenze. Di seguito quanto scrive il quotidiano:
“«Io quel gesto lì non l’ho mai fatto». Nemmeno dopo cinquant’anni Josè Altafini è disposto a riconoscere che il suo, nel pomeriggio del 16 marzo del 1969 alla Favorita, fu il classico gesto dell’ombrello. Una reazione alle offese, un modo per dire «tiè, volevate fermarmi, ma non ci siete riusciti» come lui stesso ha ammesso in passato per gesti analoghi, «ma da noi in Brasile non è poi così grave, lo chiamiamo gesto della banana». E invece a Palermo quel pomeriggio di cinquant’anni fa per quel gesto successe il finimondo. Il clima era già surriscaldato per la direzione che aveva preso quel Palermo-Napoli arbitrato da Antonio Sbardella. Sul risultato di 2-1 per i rosaneroassegnò un rigore che l’allora trentenne Altafini trasformò esultando in quel modo. Poi sul 3-2 per il Napoli, proprio allo scadere, non concesse un rigore ai danni di Troja fischiando invece la fine della partita. E da quel momento niente di tutto quello che accadde fu normale. Invasione di campo, scontri con la polizia, agenti feriti, un guardalinee colpito e soprattutto un elicottero per fare uscire incolume dallo stadio l’arbitro. Il bilancio fu di sedici invasori arrestati e trentasette denunciati per i quali furono chiesti complessivamente 35 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere. La scintilla fu proprio il gesto dell’ombrello di Josè Altafini. «Ma non tutto lo stadio se ne accorse – racconta Mike Palazzotto, il fotografo che immortalò quel gesto – io ero sistemato in tribuna laterale e Altafini esultò rivolto verso la curva nord. Nemmeno io sul momento me ne sono accorto, stavo fotografando la sua esultanza dopo il gol. Ho visto cosa aveva fatto solamente sviluppando le foto. Per fortuna quello scatto faceva parte di un rullino che avevo tolto e messo in tasca. Durante gli scontri tutto il mio lavoro andò distrutto perché mi cadde la macchina fotografica per terra e la pellicola si bruciò». L’assedio da parte dei tifosi fu rotto a fatica dalla polizia. Il Napoli abbandonò lo stadio sui mezzi blindati, il neo presidente Corrado Ferlaino uscì protetto da un giubbotto antiproiettile e Altafini si dovette travestire da carabiniere.
«In realtà avevo solamente il cappello della divisa – dice Altafini – e sono anche un po’ stanco di ripetere sempre la stessa cosa: quel gesto io non l’ho mai fatto e non so perché si continua a ricordare quell’episodio dopo cinquant’anni. Fui pure trascinato in tribunale, ma fu riconosciuta la mia innocenza. Questo però non lo ricorda nessuno».
A querelare Altafini furono quaranta, Franca Chiarenza la prima della lista e per il brasiliano il pm palermitano Gioacchino Agnello chiese 20 giorni di reclusione per atti contrari alla decenza in luogo pubblico perché «rivolgendosi a tutti i presenti – scrisse nella requisitoria il pm – eseguì il gesto di portare la mano sinistra all’altezza dell’avambraccio destro, flettendo contemporaneamente il braccio e realizzando così un ben noto gesto sconcio che ha suonato lezione per l’onore e il decoro di tutti i presenti».
«Sono dovuto tornare a Palermo per difendere le mie ragioni – racconta Altafini – ho incontrato la signora e le ho spiegato esattamente come andarono le cose. Lei ha capito, tanto è vero che ritirò la querela e come lei anche gli altri. Qualcuno ha raccontato di avere visto dalla tribuna che insultavo i tifosi, ma non è vero niente. Stavo solamente esultando per il gol con Juliano». Il 3-2 per il Napoli ottenuto sul campo fu trasformato in 0-2 a tavolino per i partenopei e la Favorita rimase chiusa per due turni di squalifica. «Per me è un ricordo di merda – dice Altafini – perché mi tormenta da cinquant’anni. È un equivoco che dura da troppi anni. Nella mia carriera ho vinto un mondiale con il Brasile, la prima Coppa dei Campioni di una squadra italiana con il Milan, ma tutti ricordano di un gesto che non mai fatto»”.