Repubblica: “Antonio, l’ucraino di Sicilia che sogna la serie A”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Antonio, l’ucraino in Sicilia che sogna la serie A.

La Sicilia la conosce solo attraverso ricordi e racconti di papà Salvatore, perché in casa Barone, a Mykolaiv, in Ucraina, odori e sapori dell’Isola sono sempre stati all’ordine del giorno. E il suo sogno più grande, quando i boati della guerra saranno alle spalle, è quello di calcare i più importanti palcoscenici della serie A.

Il giovane Antonio Anatoli Barone, nato a Catania il 30 dicembre del 2004, vive in Ucraina con la sua famiglia da quando aveva appena 3 anni. La sua passione più grande è il calcio, gioca nel Varvarivka, nel torneo equivalente alla nostra serie D, e i suoi tratti distintivi sono la determinazione e la voglia di arrivare in alto senza mai arrendersi. Neanche in un momento così tragico per lui, per la sua famiglia e per gran parte del suo popolo: «Sono nato a Catania – racconta Antonio – precisamente al “Santo Bambino”. Ho 17 anni, e dunque, essendo studente, non ho alcun obbligo di leva. Conosco la Sicilia solo attraverso i racconti di mio papà, lui ha 68 anni. In Italia faceva il poliziotto, oggi è in pensione. E ha deciso di trasferirsi qui con mia mamma, che è ucraina, dopo che sono nato io.  Mi racconta sempre di quando mi portava a “Villa Bellini” e mi faceva calciare il pallone davanti agli anziani che mi guardavano sorridendo. E ho pure una sorellina di 6 anni che si chiama Giulia Roberta».

Antonio “mastica” un po’ d’italiano. E con la timidezza che lo contraddistingue ci racconta il momento che sta vivendo: «Siamo chiusi in casa, dalle 19 alle 7 c’è il coprifuoco. Si esce solo per fare la spesa. Sentiamo il rumore dei bombardamenti a tutte le ore, una situazione terribile». E proprio mentre s’incamminava per il supermercato, il papà di Antonio, Salvatore, ha visto tre persone che giacevano sull’asfalto: «Sto vedendo scene agghiaccianti – ci dice Salvatore, per gli amici ucraini Toto, nato a Niscemi – Hanno distrutto una caserma a 10 chilometri da casa nostra e ci sono stati 100 morti. Viviamo alla giornata e in casa abbiamo come riparo una cantina di 87 metri quadrati con muri molto spessi. Sentiamo continuamente gli spari. Uscendo, l’altro giorno, ho trovato tre cadaveri davanti casa. Al momento non penso di tornare in Italia, non vogliamo abbandonare la nostra casa e annullare i sacrifici che abbiamo fatto in tanti anni. Spero che Antonio possa trovare una squadra in Italia, magari in Sicilia, e sfondare nel mondo del calcio».