Repubblica: Adesso Suning potrebbe cedere l’Inter. I dettagli

L’edizione online de La Repubblica fa il punto sulla situazione finanziaria della società nerazzurra: trascinata dalle limitazioni imposte dal governo di Pechino alle aziende cinesi sugli investimenti nel calcio, Suning ha intenzione di cedere l’Inter dopo soli quattro anni di proprietà del club? Quanto inciderà la pandemia sulle casse della società, in parallelo col rosso del bilancio 2020 di 102,4 milioni? Queste domande hanno cominciato a farsi strada a poche ore dal vertice di mercato della Pinetina. In collegamento da Nanchino con l’allenatore Conte e con i dirigenti Marotta, Antonello, Oriali e Ausilio, il presidente Steven Zhang aveva appena dettato la linea per la sessione invernale: nessuna spesa, taglio consistente degli ingaggi, sfoltimento della rosa. In effetti la prima mossa, il prestito secco di Nainggolan al Cagliari, ha dato immediato seguito al nuovo manifesto di politica finanziaria del club. Ed è stato inevitabile chiedersi se l’austerity, con la squadra seconda in classifica a un punto dal Milan, non rappresenti il prologo al disimpegno di Suning dalla serie A, in cui era entrata con fragore.

A caccia di finanziatori
Nelle ultime ore si era diffusa la voce dell’incarico a una banca d’affari con sede a Londra, per cercare compratori del pacchetto di maggioranza delle azioni dell’Inter, controllato da Suning (68,55%), e del mandato a un noto studio milanese di zona Garibaldi di gestire la parte legale dell’operazione. Al momento, però, l’unica conferma resta sulla ricerca di finanziatori per il bond da 375 milioni, in scadenza nel 2022. La crisi economica del Covid sconsiglia oggi gli investimenti calcistici. Quanto all’eventualità che Suning abbandoni la Serie A, va ricordato che un anno e mezzo fa non prese in considerazione nemmeno l’ipotesi di cedere l’Inter a fondi stranieri. Nel frattempo la situazione è certamente cambiata e può avere raffreddato gli Zhang, anche se non ci sono per ora indizi di una parabola simile a quella del Milan, passato in soli tre anni e mezzo da Berlusconi al misterioso cinese Li fino all’attuale proprietà del fondo angloamericano Elliott.

Il taglio degli stipendi
Il nodo del governo cinese resta il punto dolente, più ancora delle incognite sul progetto del nuovo stadio col Milan. Sembrano lontanissimi i tempi in cui il presidente Xi Jinping, appassionato di calcio, progettava di trasformare la Cina nella massima potenza del pallone entro il 2050. L’importazione di campioni e allenatori strapagati da tutto il mondo veniva incoraggiata, così come gli investimenti delle aziende cinesi nelle squadre. Ma ancora prima dlel’impatto del Covid sull’economia era cominciata la marcia indietro. Così è stato breve il passo dal severo tetto degli ingaggi nella Super League al disimpegno delle grandi aziende, alle quali è stato proibito di associare il proprio nome a quello delle squadre. Agli interisti interessa fino a un certo punto: si chiedono, piuttosto, se invece l’Inter non rimanga un’altra cosa per Suning, che ha finora investito nel club più di 600 milioni. L’eliminazione dalla Champions e dall’Europa League comporta un’altra cinquantina di milioni di mancati introiti. E il taglio degli stipendi è una mossa ormai dichiarata senza infingimenti. A Pechino e dintorni, quando si dice basta, non ci sono mezze misure. Anche per questo il problema prioritario dell’Inter, oggi, non è il vice Lukaku.