Repubblica: “Adani: «Da Twitch a 90° Minuto racconto il calcio per farlo amare»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” ha intervistato Daniele Adani che dopo l’addio a Sky è pronto a ripartire dalla Rai dove domenica debutterà a 90°.

«Con me sono stati bravissimi sotto l’aspetto umano. Mentre scendevo i gradini di Wembley, pochi minuti dopo aver annunciato che quella sarebbe stata l’ultima telecronaca con Sky, ho ricevuto il loro primo messaggio. Sono stati discreti, mi hanno permesso di riflettere, senza mettermi pressioni, infatti entro a campionato iniziato. Ma tutto questo per me ha un grande valore».

Lei è il simbolo di una ricerca diversa del linguaggio, nella narrazione calcistica. La Rai rappresenta invece la tradizione: come si mescolano questi mondi?
«Io lo trovo magico. Si uniscono col tempo, ma non è solo il linguaggio del calcio, è la vita che è cambiata. Per meritarti di connettere la gente col mondo del calcio giocato, devi evolverti: io non ho mai cercato consensi, ho sempre cercato di essere interessante e credibile. E la Rai va in questa direzione, con un grande rispetto per l’opinione libera. Se parli per avere consensi la gente lo capisce e ti abbandona. La Rai ha un valore incredibile, perché è di tutti».

A distanza di due mesi ha capito perché è finita con Sky?
«Non dovete chiederlo a me. Ma non è un problema, mi hanno scritto in tantissimi, ho tanti amici lì, tecnici, persone in redazione, ragazzi che incroci nei corridoi. Sky mi ha permesso per anni di raccontare il calcio, ore è tempo di farlo in Rai».

In passato ha anche rinunciato a lavorare con Mancini all’Inter.
«Sì, nel 2014, per la parola data all’emittente. E ora siamo ancora più amici col Mancio. Anche all’Europeo l’ho sentito tre, quattro volte al giorno».

È davvero cambiato il modo di parlare di sport?
«Basta uscire per rendersene conto. L’attenzione va meritata. Usciamo dagli uffici, giriamo per strada».

Con Vieri ha inaugurato la BoboTv su Twitch: è il futuro?
«Chiediamoci perché i ragazzi si rifugino su piattaforme così: dobbiamo saper parlare a 60enni e 20enni, la gente non aspetta altro che innamorarsi del calcio».