La ripartenza del calcio italiano: Tv e sponsor premono per riprendere, i tifosi dicono no. Un’analisi dalla Serie A alla Serie D

La ripartenza del calcio italiano, che rischia di essere assai lenta e tortuosa, dovrebbe riportare sotto i riflettori quella che è la tragica situazione economica del pallone: nascosta dal velo di assurde dichiarazioni sulla tutela della salute pubblica, cui non crede più nessuno. Due giorni fa, il ministro dello Sport Spadafora, dopo avere partecipato all’audizione in Senato e poi avere discusso in videoconferenza nel pomeriggio con il suo omologo alla Salute e con i vertici del calcio italiano, ha comunicato che ci vorrà ancora qualche giorno per sapere se gli allenamenti delle squadre di calcio potranno ricominciare il 4 maggio, o poco dopo.

Condizione imprescindibile perché il campionato di Serie A riparta, nonostante la pandemia da Covid-19, entro giugno e finisca entro agosto, come vuole la Uefa. Il tempo stringe. Lo sport, secondo le stime del Coni vale l’1,7% del Pil italiano e il calcio in questo svolge un ruolo primario, con un valore di produzione di 3,5 miliardi di euro l’anno: 4,7 miliardi cui vanno tolti gli 1,2 miliardi versati dai presidenti in tasse all’erario italiano. I 4,7 miliardi citati, sono frutto dal bilancio della Figc, come riporta il Sole 24 ore. Un ammontare enorme che rappresentano il 12% del Pil del calcio a livello mondiale. La Serie A è un prodotto dell’industria culturale che, derivando i numeri dagli ultimi annuari Siae, incide per il 35% sull’intero volume generato dallo spettacolo italiano. Tra commercio, manifattura e servizi sportivi si dà lavoro a circa 40mila aziende e a poco meno di un centinaio di migliaia di persone nel paese, si trova scritto in un altro report.

Se però qualcuno continuasse a leggere lo stesso report della Figc, troverebbe scritto che l’indebitamento aggregato dei club ha raggiunto i 4,27 miliardi di euro (solo in Serie A è di 3,9 miliardi). Quindi in realtà i debiti superano i ricavi. Fino a pochi giorni fa, diversi presidenti di Serie A (Cellino in testa) avevano espresso il proprio dissenso in vista di un eventuale ripresa del campionati, in seguito però, pochi minuti prima della riunione della Lega di Serie A di martedì mattina (21 aprile ndr), è arrivata una bella lettera delle televisioni – Sky in testa – che annunciava che avrebbero richiesto i danni per la mancata trasmissione delle partite.

Dopo l’arrivo di questa lettera, tutti i 20 presidenti delle società di Serie A, magicamente, hanno dato parere favorevole alla ripresa del campionato. Con il protocollo stilato nei giorni scorsi dai vertici FIGC, dovrebbero rimanere isolati non solo gli atleti ma anche tutti i dipendenti del club interessati, dormendo in camere singole, viaggiando a determinate condizioni e si sottopongano a continui controlli. Non per qualche giorno ma per settimane intere. E questo se lo potrebbero permettere solo i club di Serie A, visto che nelle serie minori faticano a pagare gli stipendi. La Lega Pro ad esempio attraverso il suo Presidente Ghirelli, ha manifestato l’insostenibilità da parte dei 60 club di poter metter in atto tutte le misure del protocollo. La situazione è ancora più critica a livello dilettantistico. Nel Girone I di Serie D ad esempio, il Palermo si dichiara pronto alla ripartenza, ma servono le altre squadre. Squadre che hanno dichiarato più volte di non avere le strutture e i fondi per gestire i vari controlli periodici ai quali sottoporre tutti i membri della società.

La verità quindi, è che la Serie A, essendo la macchina locomotrice del calcio italiano, da un alto non ha la forza per proseguire, dall’altro non può permettersi di fermarsi. I principali motivi sono 3: 1) I diritti tv- Buona parte degli introiti delle società di calcio (il 60% circa) sono legati ai diritti tv, pagati dai broadcaster che trasmettono le partite di calcio. In Italia, la Serie A viene trasmessa da Sky e Dazn, che si sono ripartiti i pacchetti di partite disponibili per ogni giornata. Le due emittenti televisive garantiscono circa 300 milioni alle società di calcio italiane. 2) Gli abbonamenti da restituire ai tifosi- In questo caso, secondo l’avvocato Martinez, sul sito “calcioefinanza.it”: “Gli abbonati allo stadio hanno diritto al rimborso del prezzo pagato, rispetto al corrispettivo unitario di ciascuna partita non goduta”. Insomma, pure il rischio di dover rimborsare gli abbonamenti ai tifosi rappresenta un buon motivo per non fermarsi. A riguardo però bisogna sottolineare come, i tifosi di diversi club, tra i quali anche quelli rosanero, hanno già comunicato la volontà di rinunciare a questi rimborsi, chiedendo al club di destinarli alle famiglie più in difficoltà. In questi giorni molte tifoserie stanno dimostrando anche il proprio dissenso verso la ripresa dei campionati. 3) Le società di calcio quotate in borsa in Italia– La finanza, infine, gioca un ruolo importante nel calcio italiano. Infatti, ci sono 3 squadre (Juventus, Roma e Lazio), le cui azioni sono nelle mani di investitori ma anche di piccoli azionisti. Non portare a termine una stagione o non giocare per un periodo prolungato di tempo, comporta forti ripercussioni negative sul bilancio delle società.

Sta di fatto che, a prescindere dalla volontà del presidente FIGC Gravina di :”non essere il becchino del calcio italiano”, l’attuale situazione di emergenza sanitaria mette a serio rischio una ripresa in tempi rapidi di allenamenti e partite, seppur a porte chiuse, specialmente in Italia. La decisione finale spetterà al Governo dunque, non rimane che aspettare ancora pochi giorni per sapere la linea definitiva adottata.