Il “Barbera” cade a pezzi. Il City vuole comprare il diritto di superficie

L’assessore allo Sport “Possiamo dare le chiavi se il Palermo si presenta con una valigetta e con un progetto”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma ancora una volta sulla situazione relativa allo stadio “Renzo Barbera” e sulle intenzioni del City Group.

Da una parte c’è uno dei proprietari di squadre di calcio più ricchi del mondo, il City Group del Manchester City, e un club, quello del Palermo calcio, che porta allo stadio in serie B una media di 23mila spettatori a partita.

Dall’altra parte, invece, c’è un impianto di proprietà comunale che cade a pezzi e non chiude solo grazie agli interventi della holding dello sceicco Mansour, che nel 2022 ha comprato il Palermo. A maggio, lo stadio rosanero compirà 34 anni, tanti quanti sono passati dalla grande opera di restyling del 1990, realizzata per i Mondiali delle “notti magiche”.

Oggi lo stadio di Palermo è un impianto vecchio, tra infiltrazioni d’acqua e mura scalcinate, in cui è difficile persino andare al bagno. Il risultato è che il City Group anticipa le spese e mette delle pezze per non fare chiudere un impianto che anche in B è stato teatro di partite con più di 30mila spettatori.  A ottobre scorso, l’ultimo intervento per impermeabilizzare zone piene di infiltrazioni, rifare i sediolini e intervenire sui bagni ha scongiurato la chiusura dell’impianto nella stagione in cui il Palermo lotta per la serie A.

Il Comune, con 170mila euro del fondo di riserva, ha rifatto i tornelli di ingresso su richiesta della questura. Ma non è un’inerzia che può continuare. Così, dopo l’ennesima inchiesta di “Repubblica”, l’assessore allo Sport Alessandro Anello è uscito allo scoperto: «Se il Palermo si presenta con una valigetta e un progetto di lungo termine gli diamo le chiavi dello stadio».

L’amministrazione, insomma, è pronta a una concessione trentennale, che metta il club nelle condizioni di investire sull’impianto. Anche perché l’accordo attuale è stato stipulato nel 2020, nel pieno delle limitazioni della pandemia. E al Palermo, che allora militava nel campionato di serie D ,venne chiesto un canone di appena 170mila euro all’anno.