Gds: “Carini, Mafia dell’acqua, il clan gestiva una condotta abusivamente”

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma ampiamente sulla questione relativa alla mafia che a Carini gestiva l’acqua.

Non solo si chinava la testa ma i boss e i loro fedelissimi venivano pure difesi. Anche questo è successo a Carini dove oltre un centinaio di famiglie erano costrette a pagare per potere avere l’acqua che era controllata abusivamente da una condotta idrica pubblica. Nonostante ciò nessuno di loro ha esitato un solo attimo, nel momento in cui è stata scoperta questa parte di condotta gestita abusivamente. Non una sola parola sul presunto capomafia John Pipitone, 42 anni, e del suo amico d’affari Salvatore Abbate, 55 anni, l’uomo che aveva le mani in pasta nell’ambito dell’edilizia e non solo. Entrambi sono finiti in carcere nel blitz antimafia scattato all’alba di ieri insieme a Giuseppe Passalacqua, 49 anni, e Salvatore Vallelunga, 43 anni. Una quinta persona, Vincenzo Vallelunga di 74 anni, ha avuto i domiciliari. A firmare l’ordinanza il Gip del tribunale di Palermo Fabio Pilato sulla base delle indagini dei carabinieri del comando provinciale e della Dda, la direzione distrettuale antimafia.

Dall’acqua alle estorsioni, passando per l’immancabile traffico di droga e persino il settore immobiliare. Nulla sfuggiva alla potente famiglia mafiosa di Carini, che si faceva forte anche degli ottimi rapporti con il mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale anche perché rientrava nella sua «giurisdizione». Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate commesse avvalendosi del metodo mafioso e reati in materia di armi. Il provvedimento scaturisce dalle indagini portate avanti, nel periodo a cavallo tra il 2021 e il 2023, dal nucleo investigativo del comando provinciale palermitano. Ad essere emerso da un lato il rientro «a pieno titolo» di pregiudicati mafiosi, dopo lunghi periodi di detenzione, nelle fila della famiglia mafiosa di Carini. Dall’altro l’inserimento di giovani e ambiziosi associati, appartenenti a famiglie di sangue che storicamente hanno diretto lo scacchiere mafioso carinese. Certamente lo spaccato più drammatico è quello dell’omertà e della connivenza di un’ampia fetta di popolazione. Non solo subiva una sorta di «pizzo», venendo costretta a pagare per avere erogata l’acqua da una condotta idrica controllata abusivamente.

Per di più il boss Pipitone con gli accoliti venivano difesi. Nell’ordinanza si parla senza mezzi termini di vera e propria sottomissione: «Tale condizione di dominio incontrastato – si legge – ha trovato il consenso di una larga parte della popolazione, come ampiamente dimostrano, fra l’altro, gli atteggiamenti assunti da alcuni utenti della rete idrica abusivamente gestita, anche con il costante ricorso all’intimidazione». «Loro devono capire – dice Pipitone in un’intercettazione capitata con Abbate – che non hanno dove andare… No perché non hanno dove andare… non c’è altre soluzioni… non è che noi altri chissà perché non c’è soluzione vogliamo scherzare con la gente… non c’è niente da scherzare, qua la cosa è seria… chi si sente il migliore è morto qua sopra… chi si sente il migliore è morto».

Durante degli accertamenti lungo la condotta per la verifica di questi allacci abusivi nessuno dei residenti ha aperto bocca, non menzionando quindi né Pipitone, né Abbate. Si tratta di un’operazione in prosecuzione ai tre arresti avvenuti nel settembre del 2022 per il reato di scambio elettorale politico mafioso. In quell’occasione l’operazione fu convenzionalmente denominata «Feudo» e venne condotta dal nucleo investigativo del comando provinciale. In quel caso il carinese Salvatore Ferrigno, 64 anni, candidato al parlamento regionale siciliano alle elezioni del novembre 2022,venne accusato di scambio elettorale politico-mafioso. Insieme a lui finirono in carcere il boss Giuseppe Lo Duca e la segretaria di Ferrigno, Piera Lo Iacono, che avrebbe fatto da intermediaria tra il politico e la mafia. Secondo gli inquirenti, il politico avrebbe promesso favori e denaro all’esponente di Cosa nostra in cambio di voti.