Gazzetta dello Sport: “La partita federale. Abodi: «Più risorse per tutti e stadi nuovi. Tavecchio: «Giovani e idee, ho stupito pure i critici»”

Andrea Abodi, è stato sei anni e mezzo alla guida della Lega di B e nel 2013 ha puntato alla A. Ci si aspettava che si muovesse nel campo delle leghe, perché questa svolta federale? «È stato per lungo tempo il sogno professionale però è evidente che dopo quell’esperienza che mi ha visto prevalere ma non vincere un’altra possibilità sarebbe dovuta arrivare dalle società. Questi due anni e mezzo hanno rappresentato un’esperienza importante dentro la Federazione. Ho capito che la Figc aveva bisogno di un cambio di passo. E questo mi ha spinto a rinunciare anche alla B, la mia seconda famiglia, nella quale siamo riusciti a costruire valore e rispetto». Cosa l’ha portata a candidarsi per via Allegri? «In due anni e mezzo c’è stata una totale disattenzione nei confronti delle leghe minori, Abbiamo avvertito una nobile solitudine, la Figc non ci è mai stata vicina. Poi c’è stato l’agguato legislativo della Melandri, con i tagli per B e Lega Pro. Per fortuna ci siamo fatti sentire per far differire la norma al 1° luglio, altrimenti saremmo andati in crisi a gennaio». Quindi la rivendicazione futura sarà di avere più soldi dalla A per la mutualità? «Dobbiamo capire quale mestiere dobbiamo fare per consentire alla Serie A di fare più soldi. Serve una politica di rafforzamento, le risorse vengono dopo. Se continuiamo a parlare solo di numero di retrocessioni e cifre, non andiamo da nessuna parte». Perché non dare già dettagli sulla riforma dei campionati? «È velleitario passare da “madre di tutte le riforme” a “utopia”. Io non voglio rifare quell’errore. C’è bisogno di dialogo e confronto, può sembrare che prendo una strada più arrotondata ma porterà all’obiettivo finale, che è alzare la qualità del prodotto. Dentro, ci sarà anche la riduzione dei campionati, ma non solo». Secondo lei in Figc non c’è abbastanza trasparenza? «Ne voglio di più, perché non ce n’è mai abbastanza. La gente deve vedere cosa accade nel palazzo. Ho chiesto un confronto pubblico con l’altro candidato, anche su vostro invito, ma si è sottratto». Lei è stato protagonista in questi due anni e mezzo come consigliere federale. Si sente di aver commesso degli errori? «Ho mal riposto una fiducia, poi sono stato leale e corretto fino all’ultimo. Io non mi sono limitato a sottoscrivere, molte delle cose sono state addirittura promosse: l’accelerazione della tecnologia, il tentativo di elaborare un sistema di licenze di periodo, non del momento, le risposte al caso Parma, che ho ritenuto comunque insoddisfacenti, come ho dimostrato con il caso Pisa». La sua candidatura ha messo assieme in maniera inedita Lega Pro e Aic. Quale sarà secondo lei il punto d’approdo? «Ho dovuto rincorrere un presidente che era già in carica e in campagna elettorale da mesi. La mia candidatura è aperta a tutti, le nostre soluzioni troveranno consensi in tutte le componenti. Avremo lo stesso consenso in A e nella somma di Dilettanti e Allenatori». Gli Allenatori si sono schierati con Tavecchio. Faranno la differenza? «No, guardando i numeri, in questo momento c’è equilibrio, la differenza la farà com’è giusto che sia la Serie A, dove non è affatto vero che ho consensi marginali. Io ho detto a Ulivieri che tutto quello che gli è stato promesso, poteva prometterglielo chiunque. Ma ho idea che avesse già chiuso degli accordi». Tavecchio dice di non aver sbagliato un’elezione, lei che precedenti ha? «In Serie A non ho vinto ma non ho perso, presi il 60%. Anche all’Università ho sempre preso un voto in più dell’avversario». Gli stadi sono una delle priorità del suo programma. «Credo che una Figc moderna debba avere una sua società di sviluppo, che si occupi della crescita industriale. Federcalcio Srl per ora gestisce le proprietà immobiliari, io penso che possa diventare molto di più. In un’ottica non invadente, può svolgere una funzione di sistema». Chi sarà il suo direttore generale? «Quello che c’è. Non ci sono le condizioni per pensare a qualcos’altro ma serve una migliore relazione tra presidente e d.g.». Cosa possiamo fare per rendere più attraente la nostra A? «La Figc deve essere uno stimolo quotidiano. Comunque vada, mi aspetto che la A trovi soluzioni su statuto e governance. Possono essere divisi su tutto, ma non sulla ricerca maniacale sulla qualità del prodotto e, quindi, l’aumento dei fatturati. Come? Incrementare gli standard qualitativi, diversificare gli investimenti su infrastrutture e formazione, redistribuire in modo più equo i proventi tv, in modo da presentarsi con un’immagine internazionale». I progetti per la Nazionale? «Io voglio far diventare un patrimonio le differenze tra ogni maglia azzurra, fino a donne, calcio a 5 e beach soccer. Mi piacerebbe far diventare il Club Italia il più grande progetto di marketing». All’Europeo di giugno è giusto che i migliori Under 21 vadano con Di Biagio? «Se fossimo nel 2019, con in ballo la qualificazione olimpica, chiederei a Ventura di essere più elastico, a giugno mi auguro che trovi un punto di incontro con Di Biagio». Quali cambiamenti immagina per la giustizia sportiva? «Serve un sistema più moderno, con una razionalizzazione delle norme, una loro migliore interpretabilità, tempi certi su alcune fattispecie, rimodulazione della responsabilità oggettiva, ingresso della tecnologia per accelerare i tempi». Come finirà il contenzioso con la Juventus per Calciopoli? «Chiederò come si è sviluppato il dialogo in questi anni, poi deciderò». Tavecchio sostiene di essere più concreto di lei. «Io sono di notte un sognatore, ma di giorno un pratico. Coraggio, altruismo, fantasia, come canta De Gregori: un dirigente sportivo deve essere giudicato anche su questo, non solo sulla competenza». E per i Dilettanti? «Hanno messo telecamere per vedere se qualcuno scappa. Si è persa la centralità dei comitati regionali e quelli provinciali di Trento e Bolzano, io immagino i Dilettanti come un network di realtà sul territorio. E ritengo che il calcio femminile debba tornare Divisione ed essere meglio rappresentato». Darà un cartellino giallo alla Lega di A se non rinnovasse le sue cariche entro il 6 marzo? «Certo, anche perentorio. Siamo arrivati un po’ lunghi, Tavecchio poteva essere più intraprendente». C’è la possibilità che venga richiamato dalla Lega di B se non venisse eletto in Figc? «Non lo so, dovete chiederlo alle società. Io ho preso una decisione figlia anche di certi atteggiamenti che per la prima volta abbiamo avuto nella nostra lega. A me è stato detto in assemblea: se tu non ti candidi prendi 22 voti per acclamazione. Qualcuno per paura di perdermi, qualcuno per paura che andassi».

Presidente Carlo Tavecchio, perché ha deciso di ricandidarsi? «Non mi sarei ricandidato se dopo un inizio particolare non avessi sentito un consenso crescente da parte del sistema calcio. Ho superato un momento difficile, e di questo sono orgoglioso, come dei riconoscimenti di personaggi prima estremamente critici. Le dichiarazioni favorevoli di Agnelli, del tutto spontanee, e un colloquio riservato con Cairo, in cui mi ha detto di aver cambiato opinione sul mio operato, sono stati decisivi». Riconoscimenti che non le arrivano da tutte le componenti della Figc, però… «Sì, all’esterno hanno capito meglio degli interlocutori interni tutto quello che è stato fatto e l’obiettivo che ci siamo posti: gettare le basi per adeguare il calcio italiano agli standard europei. Abbiamo avviato un percorso di riforme che va completato. Il tetto alle rose e la valorizzazione dei vivai che hanno contribuito a generare il fenomeno Atalanta, le licenze nazionali, il grande sostegno al calcio femminile, l’adeguamento delle infrastrutture, le norme restrittive sui bilanci. E molte di queste cose sono passate all’unanimità in Consiglio federale. Per questo, sorrido quando leggo certi commenti sulla mia gestione». Ce l’ha con Abodi? «Ce l’ho con alcune sue cadute di stile. Ha dichiarato che vuole una Figc più trasparente e meno ruffiana, cosa significa? Io rispetto la sua candidatura, ma rivendico la mia diversità: non ho annunciato che la Figc farà attività di consulting per progettare e finanziare stadi. Ma stiamo scherzando? La Federcalcio Srl non è la Goldman Sachs che trova i finanziatori per gli stadi. Immaginate se si mettesse a cercare location: non sarebbe più un organo di garanzia, farebbe business». Ma la Figc qualcosa dovrà pur fare per stimolare il miglioramento dei nostri stadi? «E’ proprio quello che abbiamo fatto. Entro i prossimi tre anni bisogna avere lo stadio in regola, senza più deroghe. Altrimenti, non si potrà giocare». Con lei l’Italia è tornata al centro dell’Europa calcistica? «L’Europa è il nostro riferimento. Qualcuno ha detto che la Figc ha sempre avuto un ruolo centrale, ma non è vero. Se avessi ascoltato le indicazioni del sistema avrei dovuto votare Blatter e non avrei dovuto votare Ceferin. E invece siamo stati bravi a capire che stavano cambiando gli equilibri interni. Siamo stati premiati con la possibilità di ospitare alcune partite di Euro 2020 e con l’organizzazione dell’Europeo Under 21 del 2019. E poi abbiamo Agnelli e Gandini in Eca, la Christillin in Fifa, e ottime speranze di essere rappresentati da Michele Uva nell’Esecutivo Uefa». Presidente, si è pentito di definire quella dei campionati la “madre di tutte le riforme”? «No, affatto. Continuo a pensare che 102 società professionistiche siano tante. Il problema è che tanta quantità non crea ricchezza, perché ognuno prende un po’ dell’altro. Lo sostengo da mesi, ma mi accorgo che sono quasi solo. Alcuni interlocutori federali si occupano di voli pindarici, ma bisogna andare sul concreto». Quindi? «Le società di A non decideranno mai di scendere a 18 squadre. Questo intendevo quando ho parlato di utopia. C’è un sistema autoprotettivo. Nel mio programma c’è una proposta concreta: A e B a 20 squadre, con due retrocessioni e due promozioni, Lega Pro con due gironi da 20. La B diventerebbe un soggetto assistito da circa 90 milioni di mutualità, 5 a società: mi sembra sostenibile. In Lega Pro, l’anno scorso abbiamo fatto 12 ripescaggi, possiamo continuare così? Ora dicono di aver inventato il rating, ma abbiamo delle nuove licenze nazionali che rispettano gli standard Uefa: basta applicarle». Papu Gomez, alla Gazzetta, ha definito la Serie A un “campionato bruttissimo”. Come si può migliorare lo spettacolo? «Le innovazioni della A non le fa la Figc, noi diamo le indicazioni. Ma io non posso imporre, ad esempio, i playoff. Già sarebbe più facile provare a inserire dei playout. Ovvio, non siamo contenti che gli stadi non siano pieni». Però i conti della Figc sono a posto… «In due anni e mezzo il Coni ha tolto 27 milioni alla Figc. Ma siamo riusciti ugualmente a chiudere i bilanci in sostanziale pareggio. Ne andiamo orgogliosi». A proposito di conti, cosa accadrà lunedì? «Secondo i miei calcoli sono sopra il 50%. Per carità, tutto può succedere, ma sarebbe la prima volta che perdo un’elezione». Cosa le dà questa sicurezza? «Mi aspetto il largo consenso della Lega Dilettanti di Cosimo Sibilia (che proprio ieri, nel Consiglio direttivo, ha confermato il voto per Tavecchio, ndr). È un po’ una mia creatura, non penso possa farmi uno scherzo. Poi ci sono gli allenatori. Molti si chiedono perché siano arrivati da noi. Vedete, abbiamo fatto una scelta di fondo. I centri federali territoriali, quando saranno a regime, daranno lavoro a 1200 tecnici. Poi, ipotizziamo di dare un tecnico patentato a ogni squadra, e questa offerta la possiamo fare noi perché il Settore giovanile dipende dalla Figc. Infine, con Ulivieri abbiamo fatto il giro del mondo esportando il nostro prodotto “allenatori”, con grande successo». Tommasi, invece, continua a non capirla… «E lo trovo incredibile, perché se lavoriamo per alzare la qualità tecnica i primi a beneficiarne saranno i calciatori». Il voto della Serie A sarà fondamentale? «Non credo, varrà come gli altri». Ma se non rinnova le cariche elettive, sarà commissariata? «Intanto si riuniscono domani, e vedremo se eleggeranno i consiglieri federali. Se ne occuperà il Consiglio federale. Le verrà concesso un tempo molto ristretto per completare le elezioni». Presidente, a proposito di A: continuano a imputarle la presenza ingombrante di Lotito… «Lotito è espansivo, ma non ha mai inciso sulle mie scelte. Vi ricordo che secondo la Lega di A avrebbe dovuto fare il vice presidente vicario. Se il problema è il famoso ufficio in Figc, in futuro al quinto piano ci saranno solo presidenza e direzione generale». Però Gravina vi accusa di stalking elettorale… «Basta con questa storia. L’ultima volta in Lega Pro Lotito non è stato così determinante. E poi come vogliamo definire le loro chiamate ai presidenti dei Comitati regionali della Lnd?». Serie B e Lega Pro hanno preso male la faccenda della nuova mutualità… «Perché l’abbiamo vincolata a progetti su vivai e impianti, e quindi con quei soldi non ci si può più pagare gli stipendi? E dire che con il Governo siamo riusciti a prorogarla dal 1° luglio… Il ministro Lotti ha fatto un miracolo». Agnelli voterà per lei, ma avete ancora in piedi la causa Calciopoli? «I nostri avvocati sono a lavoro, prima del Consiglio di Stato troveremo un compromesso». Sarà il presidente di tutti? «Certo, ma non sono ossessionato dall’unanimità. Preferisco impegnarmi ad attuare il mio programma». E se dovesse perdere? «Ho una bellissima famiglia e vivo in montagna. Vorrà dire che mi impegnerò in prima persona per la Ponte Lambrese, una piccola società con 9 squadre cui da quaranta anni verso tutte le mie indennit໓. Questo quanto si legge nell’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.