Gazzetta dello Sport: “La «10» a Motta spacca, ma Conte è convinto. L’agente: «Non ha chiesto lui quel numero»”

“«Le mie scelte faranno discutere». Già domenica sera, dopo ItaliaScozia, Antonio Conte si era sentito facile profeta: sapeva che scegliere Sturaro invece di Jorginho avrebbe aperto dibattiti infiniti, ma probabilmente anche decidere a chi dare la maglia numero 10. Scelta poi spiegata così: «Per quello che Thiago Motta ha fatto in passato e per quello che speriamo farà nel presente». IRONIA Dopo l’annuncio, la Rete ­ di social in social ­ si è scatenata. Anche valutazioni pacate e soprattutto oggettive: dal palmarès di Thiago alla sua frequentazione della Champions, non così diffusa fra gli azzurri. Ma in generale l’indignazione ironica per il 10 all’italo brasiliano ha tracimato forse anche oltre le aspettative del c.t. Parola d’ordine del partito «contro»: «Una bestemmia». E poi divagazioni in libertà. Il gioco del «come se»: «Dare il 10 a Motta è come dare un ruolo hard a Rosy Bindi o mettere il parmigiano sugli spaghetti con le vongole». Interpretazioni del numero: «Dieci come “con lui si gioca in 10”, come i metri che fa in 90’, come il suo limite di velocità». Foto di panettoni Motta, «da assaporare con lentezza». Analisi sulla foto ufficiale: «Gli hanno coperto il numero con la testa di Sirigu». Conclusioni amare: «Da ieri quella maglia non è più il sogno di ogni bimbo». «NON L’HA CHIESTO» Ieri a Coverciano era un po’ amaro anche lo sguardo di Conte: no comment su questo po’ po’ di perplessità, ma era come se il c.t. stesse scuotendo la testa, mentre immaginiamo che Thiago Motta se ne sia abbondantemente fregato. Il dibattito sul numero di maglia più nobile è vecchio come il nostro mondo, facile a paralleli con Rivera, Baggio, Del Piero, Totti, Cassano: assegnatari di maggior fascino, anche se in passato il 10 è finito pure sulle spalle di onesti faticatori come Benetti, Bertini e Bagni, o terzini come Facchetti (‘68) e De Agostini (‘88). Se ne può parlare all’infinito, ma oltre i confini del dibattito restano alcune certezze. Una: come ha spiegato il suo agente Canovi, «Thiago non ha chiesto quel numero, ma non poteva certo rifiutarlo». Due: in tutta la sua carriera, dal Barcellona al Psg passando per Atletico, Genoa e Inter, non c’è stato allenatore che non abbia considerato Motta un titolare o comunque un giocatore fondamentale. E pure Prandelli e poi Conte l’hanno pensata così. Un caso? CARISMA Tre: Thiago ha carisma e personalità, silenziose ma indiscusse. Riconosciute anche dai compagni, compresi quelli di Coverciano. Anche al Psg, dove lo chiamano il «patron», è considerato uno dei leader dello spogliatoio: l’unico che poteva trattare alla pari anche Ibrahimovic, criticato anche pubblicamente, e molto ascoltato da allenatore e dirigenti. Diciamo che quel numero va su spalle più larghe di quelle di Insigne o Bernardeschi, al netto di piedi meno fantasiosi. Quattro: la lentezza di Thiago Motta fa parte del suo dna e lo ha ammesso lui stesso («Lo sono sempre stato»); quello che preoccupa di più è semmai una certa predisposizione a infortunarsi, ma il rischio di portarsi 2­3 giocatori border line è stato calcolato da Conte, evidentemente tranquillizzato dagli ultimi allenamenti del «parigino». Cinque, i numeri: opinabili, ma inconfutabili. Motta e Jorginho ­ proprio lui ­ sono i due giocatori che hanno completato più passaggi nei 5 campionati europei top. In Francia l’azzurro ha chiuso la stagione dominando le classifiche dei palloni giocati a partita (99,5), dei passaggi (95,8) e dei passaggi giusti (88,2). Anche in Champions, solo Kroos ha fatto meglio per numero di passaggi: 1007 contro 988. Conte non decide con le tabelle­dati, ma pure questo è calcio. E quando non si è così forti, può contare anche saper gestire il pallone, e nel caso metterlo in cassaforte”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.