Frosinone-Palermo: sentenza da rifare ma rosanero ugualmente beffati – i dettagli

Il Collegio di garanzia del Coni ha pubblicato il comunicato relativo alla gara Frosinone-Palermo e ha spiegato che la disputa delle gare sono disciplinate dall’articolo 17 che però regolamenta soltanto le gare di campionato e non quelle dei play-off. Di seguito quanto si legge nel comunicato:

“Le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, inerenti la disputa delle gare, sono disciplinate dall’art. 17 del codice medesimo, il quale fornisce sanzione precisa a condotta precisa ed individuata. Il solco tracciato dalla norma appena richiamata non consente di poter allargare o restringere la portata delle sanzioni che, peraltro, possono in maniera significativa spezzare gli equilibri dei campionati, i cui esiti, è bene ricordarlo, dovrebbero essere il frutto del merito sportivo e non di vicende “altre”; ed ecco il perché, nell’approcciare le condotte violative delle regole, non bisogna discostarsi in maniera superficiale dalle specifiche previsioni normative (cfr. Collegio di Garanzia, decisione n. 19/2018). Orbene, come si legge in una delle due pronunce gravate, le condotte censurate dei tesserati e dei sostenitori, anche se non hanno avuto un rapporto causa-effetto sulla gara, “hanno comunque interferito con la normale e fisiologica effettuazione della gara medesima” (cfr. Corte Sportiva di Appello c/o FIGC, pubblicata nel C.U. n. 001/CSA del 5 luglio 2018, le cui motivazioni sono contenute nel C.U. n. 002/CSA del 6 luglio 2018). La affermazione contenuta nella decisione trova precisa disciplina nell’art. 17 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, rubricato “Sanzioni inerenti la disputa delle gare”. Ivi si legge, al comma 1: “la società ritenuta responsabile, anche oggettivamente, di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione, è punita con la perdita della gara stessa con il punteggio di 0‐3, ovvero 0‐6 per le gare di calcio a cinque, o con il punteggio eventualmente conseguito sul campo dalla squadra avversaria, se a questa più favorevole, fatta salva l’applicazione di ulteriori e diverse sanzioni per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1… (omissis). La società ritenuta responsabile è punita con la sanzione minima della penalizzazione di punti in classifica in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara.” Alla luce di tale evidenza normativa, a tenore della motivazione della Corte Sportiva di Appello della FIGC, in considerazione dei fatti da essa medesima Corte d’Appello Sportiva accertati e dichiarati come gravissimi e violativi dei principi generali dell’ordinamento sportivo, la sanzione applicata non è coerente con quanto affermato e descritto. A tanto aggiungasi che, trattandosi di una gara non di campionato, ma di play off, il rigore sanzionatorio doveva e deve essere ancor più stringente, dovendosi discostare dai parametri definiti dal richiamato articolo 17 (ad esempio, in materia di punti di penalizzazione), atteso che la posta in gioco non è una mera partita di campionato, ove la alterazione comporta unicamente la perdita di una partita che vale 3 punti, quanto piuttosto di una partita che vale un intero campionato. Ovviamente le sanzioni da applicare non possono essere infitte su situazioni già cristallizzate, ma debbono essere scontate ed inflitte nella stagione corrente. Ad adiuvandum, non può sottacersi come i giudici a quo abbiano anche fatto scorretta applicazione delle norme sulle circostanze attenuanti previste dall’art. 13 del CGS FIGC, che individuano casi tassativi che consentono l’attenuazione della sanzione e che, comunque, dovevano essere dimostrate dalle società interessate e tanto non è all’evidenza di questo Collegio. Né può condividersi il richiamo, fatto all’interno delle motivazioni della Corte d’Appello, all’applicabilità dell’art. 18 CGS FIGC, in termini di sanzioni meno afflittive, perché la condizione che presuppone tale applicazione è la “particolare tenuità” delle condotte che, come affermato nell’incipit di entrambe le decisione gravate, è totalmente inesistente, atteso che la locuzione in esse presente, “la gravità dei comportamenti posti in essere in occasione della gara di cui è giudizio è, peraltro, tanto maggiore in quanto si trattava della finale di ritorno della competizione (i play off)”, è antitetica e contraddittoria rispetto alla “particolare tenuità”. Pertanto, le sentenze gravate vanno annullate con rinvio ad altra sezione della Corte Sportiva d’Appello della FIGC, affinché quest’ultima irroghi la sanzione corretta e coerente con le norme esistenti e nel rispetto del principio di valorizzazione del merito sportivo che si conquista sul campo e in linea con le condotte evidenziate, regolando, altresì, secondo i principi tabellari esistenti, le spese di lite anche del presente grado di giudizio. Pur restando assorbite dalle considerazioni in diritto sopra effettuate le altre doglianze, va ribadito con fermezza il principio, pur censurato dalla U.S. Città di Palermo, relativo alla perentorietà dei termini esistenti all’interno del sistema sportivo, anche in relazione agli organi di giustizia federale, essendo tali principi fondamentali per una corretta instaurazione dei procedimenti e il regolare svolgimento dei campionati e di qualsiasi altra competizione, per rendere effettiva la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, nonché degli interessi legittimi che, per contro, sarebbero compressi e non potrebbero avere alcuna ricaduta pratica, laddove il sistema viaggiasse su binari paralleli e non coordinati. Deve, pertanto, la Corte Sportiva d’Appello uniformarsi a questi principi