Delio Rossi si racconta: «Crisi dura, ma bisognerà ripartire. L’anno scorso a Palermo…»

Delio Rossi, ex allenatore del Palermo ha voluto dire la sua sull’emergenza Coronavirus e ha voluto ricordare i tempi in rosanero ai microfoni di “Il Corriere dello Sport” di seguito l’intervista.  In tempi di Coronavirus, quasi quasi vorrebbe annoiarsi, ma non può perché la moglie Rosaria lo tiene bello attivo. «Mi fa fare i servizi, ieri ho dovuto passare l’aspirapolvere. Poi vado a fare la spesa, badando bene – sorride – di comprare tutta l’amuchina che posso». Con loro, nella residenza capitolina, c’è anche la figlia più piccola, Giulia, 22 anni, mentre i più grandi, Dario, che lavora con il Milan, e Greta, che è sposata, abitano sempre a Roma, ma in case diverse, poi alla sera si sentono sempre per telefono. Ma il tempo da ingannare è tanto, quindi lo si può immaginare incollato davanti alla tv a guardare partite di calcio, anche di repertorio.
Delio, lo fa davvero? «Ma no, non guardo vecchie partite, perché penso più al futuro che al passato».
E dove si vede nel futuro, su qualche panchina? «Speriamo di sì, anche perché io so fare solo quello. Speriamo, anche se sembra che da un po’ si siano dimenticati di me».
Ultima esperienza lo scorso anno a Palermo. «Mi avevano ingaggiato per fare i play off , poi è successo quello che è successo».
Comunque i rosanero a quel traguardo li aveva portati, significa che Delio Rossi è quello di sempre? «Io credo che ci siano due categorie di allenatori, quelli che ottengono i risultati e quelli che non ci riescono».
Lei, ovviamente, appartiene alla prima categoria. «Beh, in fondo lo dice la mia carriera. Ma, attenzione, io per risultati intendo il raggiungimento degli obiettivi societari, che siano vincere un campionato o salvezza o valorizzazione dei giovani. Quando lavoro non dimentico mai di essere un dipendente, quindi assecondo gli indirizzi societari».
Essendo superfluo domandarle se le manca la panchina, le chiedo: allenerebbe anche in C? «Talvolta ho fatto anche scelte in controtendenza, la C magari sarebbe un problema, ma solo perché non conosco la categoria, non per altro».
Comunque, l’anno prossimo la rivedremo al lavoro? «Speriamo di sì, soprattutto speriamo che ci sia il campionato… ».
Lei cosa pensa? «E’ una situazione talmente anomala che non si possono fare previsioni, se non le fanno gli scienziati fi gurarsi se posso io. Dobbiamo solo vivere alla giornata e non fare progetti a lungo termine, non siamo in condizione. Tra l’altro, non è che l’emergenza possa fi nire di punto in bianco, in ogni caso ci sarà un periodo di assestamento».
Non crede che certe abitudini cambieranno per sempre? Ad esempio, rivedremo mai gli stadi pieni, con gente seduta a stretto contatto dopo che ci si è abituati a salutarsi a un metro di distanza e con le mascherine? «Io sinceramente gli stadi di nuovo pieni me li immagino, anche perché le cose brutte si dimenticano prima di quelle belle. La mia certezza è che tutto tornerà come prima, non so quando, ma tornerà».
Nell’immaginario collettivo il mondo del calcio sembrava immune da tutto, invece… anche i giocatori contagiati. «Il fatto è che non ci sono ancora riferimenti medici precisi. Prima si diceva fosse solo una forte infl uenza, poi il pensiero comune è cambiato, insomma, chiunque azzarda sbaglia. Certo, gli atleti hanno difese immunitarie superiori, quindi probabilmente ne usciranno prima di altri, ma nessuno è immune».
Certo che a queste condizioni i campionati faticheranno a ripartire: lei cosa farebbe? «Li farei ricominciare, quando sarà, se serve anche il prossimo anno, da dove è stato interrotto. Dopo che la palla ha iniziato a rotolare non si possono cambiare le regole del gioco. D’altronde hanno spostato anche gli Europei e le fi nali delle Coppe europee: ragazzi, siamo in mezzo a una pandemia, non è un problema solo italiano».
In Italia, in B, c’è il Benevento che ha un vantaggio stratosferico, difficile da ricordare a memoria d’uomo. Ora, a parte che non sarebbe morale vanificare il tutto, è abbastanza strano per una categoria in genere così equilibrata. «Eh sì, evidentemente la serie B non si smentisce mai, è sorprendente anche in questo. Comunque, a parte il Benevento, il resto è tutto uguale, con tante squadre racchiuse in pochi punti. Come al solito si sarebbe deciso ad aprile anche stavolta».
Invece non si giocherà. E la serie A come sarebbe finita in condizioni normali, chi avrebbe vinto lo scudetto? «La Juventus è la più forte, quindi più che vincere un altro lo avrebbero potuto solo perdere i bianconeri, magari per la questione Champion’s. Chi? Forse più la Lazio che l’Inter».
Intanto il Napoli, seppur fuori dalla lotta, si stava riprendendo: che ne pensa di Gattuso? «Di Rino penso solo bene, lo conosco da sempre, è stato giovanissimo un mio giocatore. In realtà molti degli attuali allenatori sono stati miei giocatori».
E quali? «Oddo, Simone Inzaghi, Breda, Liverani, Marcolini, Grassadonia e forse anche qualche altro».
Chi le somiglia di più? «Caratterialmente Breda, tecnicamente Liverani».
Cosa le piacerebbe fare quando tutto sarà finito? «L’ideale sarebbe allenare il Real Madrid, ma dubito che mi chiamino. L’importante è che qualcuno mi chiami».
Lei non ha il procuratore? «Mai avuto. Ho solo il mio telefonino».
In realtà dovrebbe ricordarsi di tenerlo acceso, visto che è quasi sempre spento (noi lo abbiamo chiamato su quello della signora Rosaria, ndc). «Sì, in effetti sì, in ogni caso possono sempre chiamarmi su quello di mia moglie».