Cose da pazzi, addio Mondiale. La Macedonia fa piangere l’Italia

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sulla disfatta dell’Italia contro la Macedonia al Renzo Barbera.

Piangono gli azzurri, ma è tutta l’Italia che è in lacrime. Al “Barbera” si consuma una nuova tragedia sportiva dopo quella di cinque anni fa a San Siro. Allora fu la Svezia a impedirci il viaggio in Russia, stavolta è la Macedonia a sbarrarci la strada verso Qatar 2022. Un incubo, e destino vuole che il giustiziere sia stato Trajkovski, uno che al “Barbera” aveva giocato quattro anni con il Palermo senza mai togliersi una vera soddisfazione (solo una salvezza all’ultima giornata in A) e che ieri sera s’è concesso il lusso di fare piangere un’intera nazione con un gran gol nel secondo minuto di recupero. Il “Barberazo” apre scenari inquietanti per l’Italia, per Mancini (resta?) e per il tutto il calcio italiano, già bastonato anche in Champions. Di fatto è il fallimento del gruppo che aveva vinto l’Europeo, una squadra che s’era già persa per strada alle ultime partite di qualificazione e che al “Barbera” ha confermato che non c’è più. Gli azzurri hanno aggredito la partita sin da subito, hanno manovrato a proprio piacimento ma non hanno mai dato la sensazione di essere quelli di qualche mese fa, quando degli avversari facevano strame. E dire che la spinta dei 34 mila del “Barbera” è stata forte e a tratti anche commovente.

Al via non sembra nemmeno una partita da dentro o fuori, perché c’è solo una squadra che ci prova dal momento in cui dagli altoparlanti sono finiti gli inni nazionali. Peccato per quei fischi di qualche idiota che sono piovuti quando è iniziato quello della Macedonia, bravo tutto lo stadio a seppellirli con un lungo applauso a cui si sono anche gli azzurri. La chiave è semplice: l’Italia con il suo 4-3-3 attacca e i macedoni aspettano, disponendosi con un 4-4-1-1 che è spinoso come un cactus per i nostri centrocampisti e soprattutto per gli esterni. Però è questione di carburare, Verratti – è lui il trascinatore – con le sue piroette in mezzo al campo dà sempre la sensazione di potere inventare la giocata giusta e nei primi dieci minuti è già una porta romana con una doppia diga macedone davanti a Dimitrievski. Sulla trequarti c’è traffico come sul Ponte Corleone, trovare spazi è complicato anche per il tarantolato Barella, così il possesso palla azzurro resta fine a se stesso e per la Macedonia è un thrilling fino ad un certo punto. Ci vorrebbe la giocata, il colpo di genio e anche il “Barbera” capisce che è il momento di entrare in partita. Quelli della Nord iniziano a cantare e trascinare tutti gli altri, e sarà un caso ma l’Italia ha subito un paio di fiammate che fanno pensare che finalmente ci siamo.

Alla mezzora arrivano due palle gol come in un flipper: la prima è un gentile omaggio di Dimitrievski, che imita il Donnarumma di Madrid e regala palla a Berardi tentando di servire un compagno. La porta è vuota, ma dai piedi dell’esterno esce una “pappetta” che fa resuscitare lo stesso portiere macedone che blocca a terra. Passa un niente e Verratti imbuca per Immobile, il capitano defilato a sinistra mira all’incrocio ma trova pronto Dimitrievski. È il momento migliore dell’It alia, la palla gira veloce, il “Barbera” canta forte, la gente vuole il gol ma gli azzurri sbagliano sempre l’ultimo passaggio o arrivano in ritardo all’iinvito a cena del compagno. Insomma, sembra una di quelle partite maledette e, quando Ristovski (Milan) scappa sull’errore di Mancini nella trequarti azzurra, il “Barbera” diventa un freezer. Per fortuna c’è “speedy” Florenzi a salvare, l’esultanza del milanista è uguale a quella di chi fa un gol. Pericolo scampato e partita sempre con lo stesso tema, L’Italia pressa, gioca ma non sfonda. Mancini non può essere soddisfatto, però nell’intervallo non cambia niente perché sa che gli azzurri ce l’hanno messa tutta e abbattere una diga non è mai semplice. Ovviamente il copione non muta quando gli stessi ventidue del primo tempo tornano in campo. Macedonia con il suo pullman sempre davanti a Dimitrievski, Italia a cercare il modo per sgonfiargli le…ruote.

I più attivi? Manco a dirlo, Verratti e Berardi. Il primo rifinisce, il secondo conclude tre volte ma senza mai centrare la porta. Il ct Milevski capisce che la sua squadra è in affanno, fuori i due mediani Nikolov e Ademi, dentro l’energia di Askovski e Spirovski. Il “Barbera” capisce di nuovo che è il momento di dare una mano, Mancini si gioca il primo cambio, fuori uno spento Insigne, dentro Raspadori che va largo a sinistra. La manovra ne giova un po’, tant’è che arrivano altre due buone occasioni con Florenzi e lo stesso Raspadori, ma la porta di Dimitrievski sembra come il caveau di una banca: inespugnabile. Poco dopo la mezzora Mancini prova con altre due cartucce, finisce la partita di Immobile e Barella e comincia quella di Tonali e Pellegrini. Poi tocca a Chiellini e Joao Pedro. Cambi che si rivelano inutili, perché al 92’ Trajkovski gela il “Barbera” con un gol che resterà per sempre nella storia. E non solo la sua. L’Italia per il prossimo Mondiale dovrà aspettare il 2026. Vallo a spiegare a tutti quei bambini che ieri erano al “Babrera”. Assurdo.