Corriere dello Sport: “Corvino: «Il mio Lecce Fantasia. Vi dico come abbiamo battuto delle superpotenze»”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul Lecce promosso in A e lo fa attraverso le parole di Corvino.

Non è un modo di dire. L’uomo dietro le quinte sta dietro le quinte sul serio. Il giorno della partita si chiude nel suo ufficio. «Ogni giorno che arriva in terra apro la sede della società e la sera la chiudo. Se vado in tribuna mi circondano e non stacco mai. Guardare le gare da solo è un trucco per sopravvivere». Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica del Lecce, quattro promozioni su cinque campionati di B disputati, venerdì sera ha fatto tutto come al solito. Fino ai tre fischi che hanno spedito la squadra in Serie A. Poi ha deciso che in una serata simile sopravvivere poteva essere considerato un optional. È uscito dalla tana, ha abbracciato l’allenatore Marco Baroni, è andato sotto la curva ed è salito a girare sul pullman scoperto con la squadra e il presidente Saverio Sticchi Damiani. Il giorno dopo, ieri, alle nove del mattino era al club.

Corvino, non è un po’ esagerato? «Per un attimo ho pensato di restare con la famiglia. Però venerdì mi hanno beccato diversi procuratori dei nostri ragazzi. Ci vediamo domani e cose del genere. Insomma, devo incontrarli».

Probabilmente non saranno dialoghi amabili. «Non mi fascio la testa in anticipo. La Serie A è un animale completamente diverso dalla B, ne siamo consapevoli. Prima di decidere che cosa fare, servono analisi. Da parte di tutti i livelli del club. Una carta in mano ce l’ho».

Vediamo. «Il Lecce di oggi è molto diverso da quello di due anni fa. Più simile a quello nel quale ero arrivato nel 1998. Quando il club è retrocesso si è trovato senza patrimonio tecnico, a causa dei tanti giocatori arrivati in prestito, con un settore giovanile da ricostruire e privo di competitività economica. Perché avevamo e abbiamo a che fare con proprietà di alto profilo: Benevento, Cremonese, Brescia, il Pisa degli americani, il Monza di Berlusconi. Li abbiamo battuti. Significa che il nostro sistema funziona».

In che modo? «Le idee creano fantasia. Io ho fatto quello che mi era già riuscito più di vent’anni fa. Abbiamo fatto, perché con il direttore sportivo Stefano Trinchera formiamo un bel tandem. Comunque: ristrutturazione del settore giovanile e consolidamento della prima squadra. Lavoro sulle strutture e sugli impianti. Con soldi scarsi e molto impegno, soprattutto sui mercati esteri poco frequentati. Basta conoscerli. In Italia abbiamo preso i tre attaccanti, Coda che ha vinto due volte il titolo di capocannoniere, Strefezza e Di Mariano. Costo complessivo 550.000 euro, il cartellino di Strefezza».

Appunto. Uno di quelli che squadre ricche hanno messo in lista. «Più ne abbiamo, più vuol dire che ci siamo mossi bene».

D’accordo, ma i tifosi vorrebbero sapere se restano loro, Hjulmand, Gabriel che non ha rinnovato il contratto. «L’ho detto, le analisi cominciano in queste ore. Io penso che qualcuno di questi possa costituire l’ossatura di una squadra da Serie A. So perfettamente che spesso le neopromosse tornano indietro l’anno successivo e che ci troviamo in una morsa tra la necessità di rinforzare la rosa e il valore acquisito dai nostri giocatori in questa stagione».

Come ne uscirà? «Con la fantasia figlia delle idee, appunto. Ci sono due modi per vincere: indebitarsi oppure mantenere stabile l’equilibrio del club. La seconda via presenta rischi maggiori, ma ti consente di durare».

Pare tuttavia che al Lecce siano in arrivo nuovi assetti nella proprietà. «Ottimo. Vuol dire che il club adesso è appetibile».

In Serie A l’allenatore sarà Baroni? «Non vedo controindicazioni, anche se dobbiamo parlarci. Io, lui e la società. Ho deciso di mandare via un tecnico che aveva tre anni di contratto (Corini, ndr) per via di una semplice analisi: la squadra giocava bene, però incassava troppi gol. Equilibrio ci vuole, equilibrio in cassa e sul campo. Quando ho chiamato Baroni, gli ho detto: “Senti, tu sei un allenatore di Serie B. Quando hai ottenuto la promozione in A (con il Frosinone, ndr), poche partite più tardi ti hanno esonerato. Io voglio fare di te un allenatore di Serie A”. Lui mi ha risposto: “E io voglio farti tornare in Serie A con la squadra della tua città”. L’ho considerato un patto».

Sa la storia dell’appetito e del mangiare? Venerdì sera lo stadio cantava “Presidente, portaci in Europa”. «Adesso dobbiamo goderci il momento. Onore a chi ha vinto, cioè a noi e alla Cremonese, e onore a chi ha perso e ci riproverà, ai play-off o il prossimo anno. Quanto a noi, si farà tutto ciò che le risorse permetteranno».

Dopo le vicende di Firenze, questa per lei è probabilmente una rivincita personale. «Ma no. Sono stato io a non sentirmela di continuare con una proprietà diversa da quella con la quale c’era gran feeling. Anzi, sa che cosa ho risposto ai complimenti di un suo collega? “Aspetto di vederti nel derby tra la Firenze del Nord e la Firenze del Sud, cioè Lecce”».

Lì sono ancora furibondi per Vlahovic, una delle sue scoperte. «Non commento le strategie altrui. Posso solo dire che Vlahovic è molto forte. Se adesso incontra qualche difficoltà sono l’ultimo a meravigliarmene. Passare alla Juventus richiede un periodo di assestamento».

È il più forte tra i tanti, da Cassano a Vucinic, che lei ha valorizzato? «Figuriamoci se nomino l’uno o l’altro, sai i malumori dopo. Il più forte è il prossimo che scoprirò. Nomi a tempo debito».

Corvino, lei ha attraversato, vincendo, il calcio italiano dalla terza categoria alle coppe europee. Perché adesso ce la passiamo tanto male? «Sento dire che è colpa degli stranieri. Balle. La responsabilità è dei presidenti che vogliono fare tutto loro confidando nei procuratori. I dirigenti vengono messi da parte. Così è stata ridotta ai minimi termini una scuola di management che contava maestri come Mimmo Cataldo. E teneva, tiene in piedi la baracca».