Caso Novi: non solo frasi sessiste alle calciatrici, il mister condannato anche per lo stalking a una di loro

Non solo frasi omofobe e sessiste, ma ci sarebbe anche il tentativo di instaurare una relazione con una giocatrice. Al suo rifiuto, sono seguiti atteggiamenti ossessivi e vessatori nei confronti della stessa: sono queste le principali motivazioni che hanno spinto la Corte d’Appello Federale della Figc a dilatare da 9 mesi a 3 anni la squalifica di Giuseppe Maurizio Fossati, l’ex tecnico della Novese femminile, deferito in seguito alle testimonianze di alcune componenti la rosa della sua ex squadra per i comportamenti assunti dal trainer verso le calciatrici.

Stando a quanto riferito da “Lastampa.it”, in primo grado la Commissione disciplinare aveva squalificato Fossati per «comportamenti denigratori e discriminatori per l’aspetto fisico e gli orientamenti sessuali nei confronti di alcune calciatrici» escludendo gli altri capi di imputazione, nel secondo grado di Giustizia sportiva, i giudici hanno compreso nelle condotte da ascrivere al tecnico anche l’imputazione sportiva di avere avuto «comportamenti tendenti ad instaurare una relazione con una delle calciatrici che sarebbero degenerati in tentativi di baci forzati e non corrisposti, nonché in atteggiamenti ossessivi e vessatori nei confronti della predetta calciatrice».

Respinta in primo grado, la Corte d’Appello Federale della Figc ha ritenuto di dovere squalificare Fossati anche per questa condotta ritenendo provata l’accusa avanzata dalla Procura sportiva federale. Si legge nelle motivazioni: «Tutte le calciatrici hanno reso dichiarazioni convergenti rispetto a quanto accaduto, in particolare i comportamenti (i tentativi di baciare una delle ragazze e in generale di avere una relazione sentimentale non corrisposta) e le manifestazioni di gelosia assunti dall’incolpato di fronte a tutte le calciatrici, ed hanno riferito delle confidenze ricevute nell’immediatezza dei fatti dalla vittima con riguardo ai comportamenti posti in essere dall’allenatore».

Alla luce di queste considerazioni, la Corte d’Appello federale della Figc ha disposto che: «I comportamenti posti in essere dall’allenatore integrano gli estremi di una condotta violativa del dovere di correttezza, lealtà e probità imposti dall’art. 4 del CGS e 28 dello stesso codice e pertanto in riforma della decisione di prime cure, va accolto sul punto il reclamo della Procura Federale, mentre va respinto quello dell’incolpato».