Bari. Luigi De Laurentiis: «Subito in A perché no? Vorrei vedere 58.000 tifosi per la gara col Palermo»

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulle parole di De Laurentiis, presidente del Bari.

Luigi De Laurentiis aggiunge ogni volta una prospettiva, un dettaglio, non trascura i flashback, occupa perfettamente lo spazio. È un presidente fresco in tutti i sensi, sa di nuovo. Nessuna promessa. Ma anche nessun limite. «Siamo appena tornati in B e già mi chiedono la Serie A» racconta divertito, travolto com’è dalla passione di Bari, incredulo quanto orgoglioso. Dopo un campionato finalmente straordinario che ha garantito alla squadra la promozione, non si vuole fermare. E nel corso della visita al Corriere dello Sport-Stadio svela i progetti per il futuro prossimo, tra mercato e multiproprietà, tra suggerimenti manageriali e il confronto con il padre Aurelio. Dalle ceneri di un fallimento, dalla Serie D, è rinato un grande club. Che punta deciso all’élite del calcio italiano. «Finalmente la B, sì. Sono stati anni intensi con tante difficoltà. Il campionato di C è molto complicato, soprattutto nel girone del Sud che è particolare. E se ripenso all’inizio, in cui siamo partiti da zero, la soddisfazione è enorme: ricordo di essere arrivato a Bari a fine agosto e di aver creato una start up in un mese, lavorando sette giorni su sette. Telefonai addirittura a un albergatore per farmi dare gli asciugamani per la squadra che si allenava… Non c’erano nemmeno quelli. Ma dopo 4 anni abbiamo raggiunto un grande obiettivo. Per me è stata anche una palestra professionale: con il Napoli mi divertivo a curare la parte merchandising, marketing e comunicazione, qui ho dovuto fare un super master dal punto di vista sportivo e tecnico».

Come e quanto è entrato il calcio nella sua vita? «La prima volta ero a Los Angeles per la Filmauro. Mio padre mi chiamò comunicandomi che aveva comprato il Napoli. Perciò, mentre lui affrontava la C, cominciai a seguire le partite. Poi ho lanciato le piattaforme digitali del Napoli, ho inventato le maglie e tutto ciò che potesse accrescere il fatturato dal punto di vista creativo. La storia del Bari nasce invece nel 2018, quando ero Londra per lanciare una linea di gelati da Selfridges. Di nuovo mio padre: mi chiese un’opinione sull’ipotesi di acquistare questo club. Io avrei fatto il presidente. Ci pensai un paio d’ore e alla fine dissi di sì».

Il calcio ha avuto la capacità di attrarla totalmente. È così? «È assolutamente così. Oggi dopo quattro anni, quando sento l’inno del Bari, mi viene la pelle d’oca e mi rendo conto di quanto il calcio sia coinvolgente e stressante. È totalizzante».

Quali sono le principali difficoltà che avete incontrato in questa avventura? «Più che la start up iniziale, la sfida è stata comprendere la parte dirigenziale e la parte tecnica del gioco del calcio. Ho impiegato del tempo per trovare le persone giuste. Al primo anno di C, ad esempio, è stata durissima con la finale dei playoff persa. Ma il secondo anno, se possibile, è stato anche peggio: tante delusioni da dover gestire, un allenatore e un direttore sportivo cambiati…. E arriviamo all’attualità, non meno tosta: siano stati primi dalla quinta giornata. Ma la gestione della paura è stata notevole perché in C puoi arrivare solo primo per meritarti la promozione, perché i playoff sono un terno al lotto».

Possiamo dire che questo è stato l’anno della piena autonomia, dopo le prime stagioni diciamo così influenzate più o meno indirettamente dal Napoli? «Sì, ho, abbiamo sfruttato le esperienze del passato. Ho trovato il direttore sportivo giusto che ha costruito la squadra in funzione del gioco dell’allenatore. La scelta è stata vincente, il rapporto ha funzionato molto bene».

Bari ha reagito con grande partecipazione, aumentano le aspettative della tifoseria. Come vi state muovendo per accontentare la gente? «Per quanto riguarda lo stadio, per prima cosa abbiamo creato un’area hospitality che sia degna della Champions League. Poi grazie al sindaco Decaro che ci è sempre stato vicino, con l’aiuto del credito sportivo, abbiamo migliorato il resto: seggiolini bianchi e rossi, maxischermo, impianto al Led. E in serie B avremo un terreno di gioco di ultima generazione. Al San Nicola non possiamo togliere la pista d’atletica, ma valorizzeremo nel suo insieme la parte dello show: prima, durante e dopo la partita».

State già ragionando sul miglioramento della parte tecnica? «Ci incontreremo a breve. Il nostro ds Ciro Polito sta lavorando per capire dove andare: avremo bisogno di tanti giovani ma la squadra ha già una base molto buona e calciatori adatti al nuovo torneo».

Giovani di proprietà o prestiti? «Sarà un mix. Bisogna guardare al nostro budget che già in Serie C era da B: abbiamo un monte ingaggi, comprensivo dell’extra campo, da 10 milioni di euro. Il Bari fattura molto meno, oggi: per il momento la gestione produce perdite».

Parliamo della multiproprietà: avete tempo sino al 2024 ma avete già fatto dei passi. «Abbiamo un ricorso in atto e aspettiamo un risultato. Anche perché ci hanno permesso di rilevare il titolo sportivo, iscriverci per quattro campionati di fila e improvvisamente sono cambiate le norme. Chiediamo di avere il tempo necessario per cedere il Bari. Le nuove regole rendono difficile cedere una società se c’è già una data vincolante».

È più facile che vendiate il Bari o il Napoli? «È difficile scegliere. C’è grande interesse per il calcio italiano che ha un appeal molto significativo per il mondo, arabo, americano, dei fondi. Lo abbiamo visto per il Milan in questi giorni. Il rischio, vendendo i nostri asset agli stranieri, è di perdere un po’ l’identità, io sono nazionalista. Ma gli investimenti anche esteri portano avanti il brand che resta italiano. Vediamo».

Luigi De Laurentiis si augura il Lecce in A o in B? «Io amo la Puglia verso l’alto».

Ma due bei derby Bari-Lecce in Serie B non sarebbero male? «Sarei molto contento, in effetti…».

Capitolo stranieri: il suo Bari farà qualcosa? Torneremo ai tempi di Cowans e Rideout? «Dipenderà dalle opportunità che ci saranno. Quest’anno c’era la possibilità di prendere un argentino, Botta, e lo abbiamo fatto».

Rimpiange il fatto di occuparsi meno di cinema? «Il cinema è la mia formazione, per molti anni il mio principale interesse. Sì, lo rimpiango. Ma sto sviluppando tre serie televisive, tra cui la seconda stagione sulla vita di Carlo Verdone. Porto il nome di mio nonno, mandare avanti la tradizione è la mia grande gioia».

I produttori cinematografici hanno solitamente il pelo sullo stomaco e devono essere dei decisionisti. Luigi De Laurentiis somiglia al papà Aurelio o è diverso? «Abbiamo approcci generazionali differenti, soprattutto nella gestione delle risorse umane. Ma da mio padre ho appreso tantissimo, soprattutto la necessità di saper cogliere l’attimo e l’occasione, di non perdere mai un solo secondo».

Anche lei è “straniero” per Bari, quanto tempo passa in questa città e cosa ha capito? «Sto almeno otto o nove giorni al mese a Bari, un terzo della mia vita, e vivo molto il territorio. La città mi ha stupito per come è gestita, la Puglia sta esplodendo dal punto di vista dello sviluppo economico, arrivano investitori anche dall’estero, negli ultimi quindici anni la gestione Emiliano-Decaro ha ripulito la città. Mi ricorda molto ciò che ha fatto Giuliani con New York».

Suo padre farà mai pace con Gravina in tempi brevi? «I conflitti si possono risolvere. Sono due persone intelligenti, mi auguro che trovino una sintesi».

Lei è uno dei presidenti più giovani: cosa cambierebbe del nostro calcio? «La visibilità, intanto. Venendo dal mondo dei contenuti e viaggiando all’estero, non sapere dove poter guardare una partita è incredibile. Se io sono un ragazzo che vive negli States e voglio vedere una gara del Palermo oggi non posso farlo. La tecnologia ce lo consente. Basta voler investire su un canale di proprietà per poi rivendere il prodotto in tutto il mondo, con figure manageriali adeguate».

Suo padre è stato uno dei sostenitori di media company e canale della Lega, poi ha abbandonato quell’idea. Perché? «In Lega ci sono 20 presidenti. Certamente c’è il problema della distribuzione. L’investimento iniziale è grande, ma i ritorni sarebbero enormi».

Cosa succede se il Bari il prossimo anno viene promosso in Serie A? «Dovremo essere bravi a trovare la soluzione nel rispetto delle regole… Sia chiaro: siamo ambiziosi, il Bari vuole lottare per la promozione: basta osservare il campionato di adesso, in cui in cima sono arrivate anche squadre che hanno investito poco. Vogliamo lottare per salire subito. Se poi ci riusciremo, ci porremo il problema della multiproprietà».

Si staccherebbe volentieri dal Bari? «Certo che no. Sarebbe un dispiacere dopo quattro anni di impegno. Anche nelle istituzioni abbiamo trovato grande accoglienza e tante amicizie, la città ha un potenziale enorme, erano in ventimila il primo anno per l’ultima gara in D. Sto constatando che è ritornata un’emozione a Bari, in una città che è stata tante volte delusa».

Dai palloni mancanti al primo Napoli di Aurelio De Laurentiis agli asciugamani in prestito al Bari. «Ho dovuto imparare anche a lavorare in prima persona su tutto. Così è stato sempre possibile mantenere i conti in ordine. Anche nel cinema abbiamo fatto così».

La gente di Bari cosa le chiede per strada? «Adesso portaci in A! Lo hanno fatto la stessa notte dei festeggiamenti per la promozione. Ma questa è la natura umana. Anche a Napoli, se si vince lo scudetto bisogna vincerlo sempre. Alla gente di Bari però dico: godiamoci la B»

Niente promesse? «Non vendo fumo, voglio mantenere le promesse del momento».

Lei ha cambiato anche il rapporto con i media. «Ho messo in piedi quello che potevo fare partendo dalla Serie D, abbiamo TeleBari/Radio Bari. Ho valorizzato i canali digitali, che sono la mia passione. Stiamo crescendo passo dopo passo».

Domenica c’è Bari-Palermo, quanti biglietti avete già venduto? «Al momento più di seimila e spero di arrivare ai 30 mila. Contro l’Andria eravamo in oltre 24 mila al San Nicola, ottavo incasso nazionale compresa la Serie A. Questo rende l’idea delle potenzialità di questo Bari».

Quanto può valere il Bari in A? «È da capire, non abbiamo fatto ancora dei calcoli. Intanto abbiamo un fantastico sponsor, Casillo, una realtà fantastica con un fatturato di un miliardo e seicento milioni di euro, una realtà internazionale incredibile».

Luigi De Laurentiis vuole tornare al cinema, dopo aver riportato il Bari in A? «Certamente, ma è uno scenario che non riesco ancora a ipotizzare».

Come ha festeggiato la promozione? «Prima una cena. Poi, quando è arrivato il pullman da Latina, è cominciata una festa indescrivibile: eravamo in mezzo alla gente con i fumogeni che mi entravano nell’auto. Indimenticabile».

Il rapporto con i tifosi? «Buono. Abbiamo oltre un milione di tifosi, un bacino d’utenza molto importante. Abbiamo ricevuto tanti messaggi anche dall’estero e molti nostri sostenitori sono venuti anche da altri Paesi, dove c’è molta presenza del Bari».

Come sarà la maglia nuova del Bari? «Bellissima, è disegnata come una polo, con i bottoni: la presenteremo ai primi di luglio. Rispetteremo la tradizione innovando. Anche a Napoli abbiamo fatto così».

C’è qualcosa che non ha ancora detto ai tifosi baresi? «In realtà ho sempre detto onestamente tutto e questo è stato sempre apprezzato. Domenica mi aspetto una giornata bellissima, con una band e una grande cantante, una sfilata di auto d’epoca. Insomma ci divertiremo, uno spettacolo all’altezza di una grande piazza».

Alla fine allora può dirlo: Bari prima squadra e Napoli seconda? «Per me, sì».

Un calciatore che la affascina particolarmente? «Ibra mi diverte da morire. Un personaggio a parte, grande comunicazione, potente, irriverente».

Potrebbe portarlo a Bari a 41 anni? «Perché no!» (ride)

Il film a cui è più legato? «Manuale d’amore di Giovanni Veronesi, una commedia che quando uscì, nel 2005, era molto avanti rispetto ai tempi».

Domenica il San Nicola pieno? «Vediamo di cosa è capace la gen te di Bari. Sarebbe bello essere in 58 mila per dare uno schiaffo virtuale anche alla serie A»