Lo Monaco: «Mi ero ripromesso di non lavorare né con Preziosi né con Zamparini, ma…»

” Nella sala congressi di Torre del Grifo è in corso un meeting aziendale, uno dei partecipanti esce a fumarsi una sigaretta. Pietro Lo Monaco sta rientrando in sede, si ferma e gli chiede: «Quando l’hai finita, dove la butti?». Risposta: «Nel portacenere». Lo Monaco: «Bravo, ne ho fatti mettere 50 in tutto il centro e non sopporto chi
butta la cicca per terra». A Torre del Grifo è padrone di casa, è tornato dopo il brusco addio del 2012: di nuovo amministratore delegato, per rilanciare un Catania che senza di lui è sprofondato dalla A alla Lega Pro.

Da dove è ripartito?

«Dal nostro centro sportivo, un gioiello che tutti ci invidiano. L’abbiamo costruito con 20 milioni del Credito sportivo e 36 milioni di plusvalenze ottenute con il Catania in A. La gente ride ma quando uno sponsor non riusci a pagarmi, gli chiesi di fare cambio merce: mi diede 100 televisori, molti dei quali li ho usati qui a Torre del Grifo. Quando sono andato via tutto è precipitato, ora sto lavorando per risanare e riportare il Catania in A».

Come si fanno a vincere questi playoff a 28 squadre?

«È un terno al lotto ma noi ci proviamo. A Castellammare andiamo per vincere, anche se non sarà facile. L’importante, comunque, è avere avviato il progetto di risanamento».

Dalla finestra del suo ufficio vede il Genoa che si allena. Che impressione le fa?

«Parola giusta è: rimpianto. Ero convinto di poter fare bene, di poter portare in alto il Genoa in 2-3 anni.  C’erano tutte le potenzialità, a cominciare dalla tifoseria. Il bilancio creava qualche problema ma in poche settimane
tagliammo 35-36 contratti su 100. E poi stavamo costruendo una buona squadra: lm- mobile, Perin, Bertolacci, Gi-
lardino… Avevo studiato tutto i terreni per il centro sportivo: l’avremmo tirato su. Però mi resi conto che non
c’erano le condizioni per lavorare insieme, così dopo 37 giorni me ne andai, rinunciando a un contratto di 3 anni».

È vero che doveva comprare il Genoa con alcuni imprenditori romani?

«Nulla di più falso».

Quando avvenne la rottura?

«Quando venne ceduto Perin in prestito al Pescara senza dirmi nulla».

Genoa scelta sbagliata?

«Era il posto giusto ma avevo avuto delle rassicurazioni che non vennero mantenute. Preziosi doveva fare un passo
indietro, ne fece due avanti. Mi ero ripromesso di non lavorare nè con lui nè con Zamparini. Ebbene, ci sono cascato in entrambi i casi. Ma non voglio fare polemiche, passato. Ora c’è solo il Catania».

Dopo aver bussato, entra nella stanza Ciccio Lodi: Lo Monaco gli consegna il contratto che tra poco firmerà, in vista della prossima stagione.

«Preziosi mi chiamò per chiedermi consiglio su Lodi, se prenderlo o meno. per me è
come un figlio, lo conosco bene. Dissi a Preziosi: se la squadra non gioca con il centrocampo a tre, evita. Non mi ha
ascoltato, poi con Gasperini non ha legato e così Lodi se ne è andato».

Cosa pensa di Juric?

«Tra i migliori allenatori della nuova generazione. Se lo prenderei? Certo che sì. Di allenatori giovani e bravi me ne
intendo. Qui abbiamo avuto Simeone, Mihajlovic e Montella. Quando Simeone venne qui gli dissi che era un ottimo
capitano non giocatore. Stava studiando per diventare un grande allenatore, lo è diventato»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Secolo XIX”.