Tacopina: «Spal mia ultima tappa italiana. In Italia troppe chiacchiere e caffè per accordarsi»

Joe Tacopina, patron della SPAL è intervenuto in occasione di “Off The Pitch” ha rilasciato le seguenti parole sulla decisione di rilevare il club ferrarese dopo il mancato accordo con il Catania:

«Quella della SPAL era un’occasione troppo buona da lasciar scappare. Si parla di una squadra che rappresenta una città meravigliosa e appena ho visto i numeri mi sono convinto rapidamente. La SPAL era una delle pochissime squadre in grado di fare degli utili per tre anni di fila prima della pandemia. Si tratta di qualcosa di estremamente raro nel calcio italiano. Ho al mio fianco una famiglia italiana come partner principale, ma non voglio che al momento la sua identità venga resa pubblica. Il progetto condiviso è quello di rendere la SPAL un club in grado di diventare competitivo e sostenibile in maniera autonoma, come nel caso dell’Atalanta. Affari in Italia? Mi rendo conto di essere abbastanza impaziente con le persone. I miei genitori venivano dall’Italia, ma quando si tratta di certe cose io preferisco tagliare corto. Però non sempre questo è possibile, ed è frustrante. Qui ci si accorda per una riunione e si prende un caffè. Due mesi più tardi si fa un’altra riunione, altre chiacchiere, altro caffè. F*****o a tutto questo. A me interessa fare una riunione, stabilire i passi successivi, e se nel giro di una settimana le cose non sono state fatte renderò la seconda riunione molto sgradevole. Tratto tutti col dovuto rispetto, ma spingo sempre al massimo. Perché è così che le cose vanno fatte. Il calcio per me è 50% business, 50% passione. Se pensassi solamente ai soldi probabilmente non mi sarei invischiato nel calcio italiano. Me ne starei a fare l’avvocato con una parcella di 1.800 dollari l’ora. Ma la mia vita non è mai stata incentrata sul conto in banca. Per la SPAL cerco di essere in Italia almeno due settimane al mese. Si tratta senz’altro di passione, ma può anche esserci una ricompensa economica. Una cosa non esclude l’altra. A Bologna ho fatto dei bei soldi nel giro di undici mesi: quando ho venduto le mie quote ho raccolto quattro o cinque volte l’investimento iniziale. Mi sento di dire che questa è la mia ultima tappa nel calcio italiano, è il gran finale. L’ho garantito a me stesso, ai miei partner e alla mia famiglia. Non c’è un posto migliore per me per fare il presidente».