Spalletti: «Voglio vincere gli Europei. Niente PlayStation in ritiro, non si viene per giocare a Call of Duty»

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” realizza una lunga intervista al ct dell’Italia Luciano Spalletti il quale si è espresso su vari temi.

Ecco qualche estratto:

Luciano Spalletti, sei mesi dopo aver preso la Nazionale e aver ottenuto una difficile qualificazione agli Europei, si può già tracciare un primo bilancio. È così che si aspettava l’esperienza da c.t.? «Sì da un punto di vista del lavoro da fare. Abbiamo guadagnato la qualificazione, meritandola. Siamo stati coerenti nelle scelte e nel giocare un calcio propositivo, senza mai abbandonarlo. Ma dobbiamo essere più bravi a mantenerlo per tutta la durata delle gare: non ci siamo ancora riusciti».

Ha capito il perché? «Ci sono state tante diverse difficoltà e superarle tutte con disinvoltura non era facile. Alcune in campo, dove abbiamo affrontato squadre forti come Inghilterra e Ucraina. Alcune fuori dal campo: in tre raduni per due volte sono venuti a prenderci giocatori dentro il ritiro».

Il caso scommesse è stato il momento più difficile da gestire? «Sicuramente sì e ha prodotto una reazione importante del gruppo. Anche se non riesco a capire perché abbiano deciso di venire a interrogare i giocatori in ritiro e non magari a casa in un momento più riservato e meno traumatico per loro. Si sono visti portare via cellulari e tablet, dove oggi c’è l’intera vita privata dei ragazzi. Hanno vissuto una sensazione di precarietà e di fragilità. Però è stato un bene che tutto questo sia successo perché ha permesso a loro e a chi nell’inchiesta non è finito di rimettersi in carreggiata e rendersi conto degli errori e dei rischi che si corrono. Quando prendi il vizio perdi la strada della felicità, che è fatta di radici, rapporti, cose sane».

Lei parla spesso di lavoro, valori, applicazione, professionalità, rispetto dei ruoli propri e altrui. «Perché si parte da lì. Quella è la base su cui poi si deve aggiungere il talento. Maglia, valori, orgoglio, responsabilità, non sono parole che uso a caso, anche se qualcuno deve averlo pensato… Alcuni giocatori devono aver creduto che Spalletti abbaia e poi non ha i dentini, invece si sbagliano e ora ci sono delle cose che vanno messe in chiaro. Da qui in avanti le Playstation le lasciano a casa e non le portano più. Glielo invento io un giochino a cui pensare per distrarsi la notte. Vengono da me e gli do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno. Perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks, “Niente teste di ca… qui”».

Un messaggio piuttosto chiaro… «Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla. Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale. Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: noi si va in Germania per vincere, non per partecipare. Lo richiede la nostra storia. Per riuscirci ho bisogno che questi calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarli: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzione di potercela fare»

Oltre alla Playstation i giocatori devono lasciare altro a casa? I cellulari nello spogliatoio sono ammessi? «I cellulari devo sopportarli, ma non possono essere tenuti sul lettino dei massaggi e durante le cure. Ho parlato di videogiochi perché ci sono state cose che NON mi sono piaciute e il “non” la prego di scriverlo in maiuscolo. Voglio far rivivere i raduni e i ritiri di un tempo: vecchie abitudini e atmosfere. Cose semplici e sane. E Buffon in questo mi aiuterà. Se la modernità è giocare alla Playstation fino alle 4 di mattina quando c’è la partita il giorno dopo, allora questa modernità non va bene. Viviamo in un mondo che poco incentiva il duro lavoro, il sudarsi le cose: i ragazzi di oggi preferiscono mettere una foto su Instagram con il capello fatto piuttosto che abbassare la testa e pedalare. Questi non sono i valori che la mia Italia deve trasmettere. Si viene in Nazionale con gli occhi che ridono e con il cuore che batte e ci si sta come un branco di lupi che vanno in fila indiana per spingere il compagno davanti e non lasciare nessuno indietro. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda. Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo non per vincere a Call of Duty (un videogioco, ndr )».