Repubblica: “«Biglietti o guai». Così i capi ultrà ricattavano la Juve”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’inchiesta “Last Banner” che ha coinvolto la Curva Sud della Juventus. Ecco quanto riportato: “La Curva Sud è morta” hanno scritto a Torino, vernice nera su telo bianco, vicino all’Allianz Stadium. Uno striscione anonimo che però, nel suo stile, porta la firma delle tifoserie organizzate della Juventus, da ieri mattina orfane degli storici leader, tutti arrestati con un’operazione senza precedenti in Italia che ha colpito Drughi, Viking, Tradizione, Nucleo 1985. Sono i gruppi che da sempre animano le partite della Juve, «ma avevano il business dei biglietti e non il tifo come obiettivo», ha detto il questore di Torino Giuseppe De Matteis. E non si fermavano davanti a nulla pur di tenere il controllo degli affari, primo fra tutti quello del bagarinaggio. Estorsioni, violenza privata, associazione a delinquere e autoriciclaggio: dodici persone sono state arrestate, e 39 sono indagate, tra cui tutti i capi storici della tifoseria bianconera, personaggi che controllavano la curva anche a distanza, colpiti da Daspo e sorveglianza speciale. Dino Mocciola è il capo assoluto, un’ombra che aleggia sugli affari e sull’organizzazione dei gruppi. Leader dei Drughi, con 700 tifosi che lo seguono senza fiatare, ha scontato una condanna per aver ucciso un carabiniere durante una rapina, è temuto e rispettato da tutti al punto che nelle migliaia di telefonate captate dalla Digos di Torino non viene mai citato per nome. Lo chiamano “lui” o “il presidente”, non solo i tifosi ma anche i dipendenti della Juve che gestiscono i rapporti con la curva. La sua voce non resta quasi mai impressa nelle intercettazioni grazie a un sistema di telefoni “citofono”, intestati a prestanome che utilizza per impartire le sue disposizioni. Ha quattro daspo e la sorveglianza speciale per esser stato «interlocutore privilegiato » di esponenti della ’ndrangheta interessati anche loro al business dei biglietti. I suoi “colonnelli”, secondo la gip Rosanna Croce, sono Salvatore Cava detto “Corona”, Sergio Genre, Domenico Scarano, e il “lanciacori” Luca Pavarino, l’uomo che seduto al secondo anello, spalle al campo, fa partire gli insulti contro Koulibaly in Juve-Napoli, cori che costano un turno di chiusura della curva e 10 mila euro di multa alla società. Sono in carcere anche Umberto Toia, capo di “Tradizione”, Roberto Drago e Fabio Trincherio dei “Viking”, Cristian Fasoli del “Nucleo 1985” e Giuseppe Franzo, amico fraterno di Mocciola che non appartiene a nessun gruppo ma nei mesi dell’inchiesta tesse i rapporti e le mediazioni tra gli ultras e Alberto Pairetto, ufficiale di collegamento tra la società bianconera e gli ultrà. «Il tifo è un pretesto. Nemmeno la presenza dei bambini li fermava. La violenza è il loro stile di vita» hanno raccontato il procuratore aggiunto Patrizia Caputo e il sostituto Chiara Maina, che hanno coordinato l’inchiesta partita un anno fa dalla denuncia della Juventus, stanca di ricatti e minacce. Alberto Pairetto, dopo che una prima inchiesta che aveva messo in luce il tentativo della ’ndrangheta di infiltrarsi nella curva, si è rivolto alla Digos — guidata dal dirigente Carlo Ambra — per raccontare quello che accadeva. «È stato un processo di consapevolezza quello che ha portato la società a denunciare» ha spiegato Ambra. «Quella della Juve è stata una scelta di grande coraggio — ha detto il questore — ma non è l’unica realtà di questo tipo in Italia». Gli ultrà hanno disertato la presentazione di Cristiano Ronaldo a luglio 2018 quando la società ha negato gli abbonamenti gratis per gli striscionisti. Hanno costretto al silenzio l’intero Allianz Stadium e nessuno, nemmeno i bambini, poteva sedersi nei settori sotto il loro controllo. Da quando la società di Andrea Agnelli, su richiesta del questore, aveva deciso di chiudere per sempre con i privilegi concessi agli ultrà per garantire la pace in curva, hanno iniziato a tappezzare i muri della città con minacce e insulti: “Agnelli bagarino sei contento del teatrino?” era comparso dopo la partita contro l’Udinese in cui era stato organizzato lo sciopero del tifo ma il resto dello stadio si era ribellato al diktat degli ultrà. Il 7 giugno 2017 Pairetto comunica che non ci saranno più favori. «Allora si torna ai vecchi metodi» dice Toia. E il “colonnello” Cava: «Non scherzate troppo se siete quotati in Borsa». «Si muovono per certi aspetti come un gruppo mafioso per ottenere il controllo dello stadio — ha spiegato il procuratore vicario Paolo Borgna — vittima è la società ma anche tutti i tifosi»”.