Palermo, torna in carcere il settimo ragazzo: in chat si vantava dello stupro

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sullo stupro di Palermo e sul settimo ragazzo tornato in carcere.

Lo hanno riportato al Malaspina perché, mentre si trovava in comunità, avrebbe postato alcuni video su TikTok. Sembrava un fake, invece era tutto vero, era lui quello che metteva file sul web. Ma soprattutto per essersi vantato delle sue «prodezze» durante lo stupro di gruppo del 7 luglio al Foro Italico in una serie di messaggi scambiati con un amico in una chat vocale prima di essere arrestato. R.P., il minorenne del gruppo che ha compiuto 18 anni venti giorni dopo il farro, aveva giurato davanti al gip Alessandra Puglisi di essersi pentito. Anzi, quando si era reso conto della gravità della situazione, aveva spiegato di aver perfino aiutato la diciannovenne che era stata violentata dal gruppo.

«È incensurato e ha rappresentato una versione dalla quale emerge un principio di resipiscenza (consapevolezza del proprio errore, ndr) e di rivisitazione critica» erano state le parole del magistrato: per questo una settimana fa era stato scarcerato e portato in comunità dove avrebbe dovuto sostenere un percorso di recupero. Un provvedimento contro il quale aveva presentato ricorso il procuratore dei minorenni Claudia Caramanna che riteneva le accuse troppo gravi per un alleggerimento della pena, Si è scoperto adesso, la confessione di RP, era una bugia, un modo per sfuggire al rigido regime carcerario. I nuovi elementi acquisiti dagli investigatori hanno aggravato la sua posizione smentendo quanto aveva dichiarato nel primo interrogatorio. In quella occasione aveva ammesso di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza, seppure di breve durata, ma aveva anche affermato che «lei era d’accordo», sarebbe stata insomma consenziente.

Ma il contenuto di tre conversazioni, recuperate dal consulente tecnico sul telefono cellulare sequestrato all’indagato quando era stato arrestato, hanno fatto venire a galla tua un’altra storia dai contenuti agghiaccianti. In particolare è tremendo l’audio choc registrato alle 2.24 del 7 luglio, quindi circa un’ora dopo che la diciannovenne era stata abbandonata in strada al termine dello stupro di gruppo. «Cumpà l’ammazzammu», si confidava con un amico in una serie di messaggi vocali raccapriccianti che non possono essere trascritti integralmente per la loro crudezza. «Ti giuro a me matri – continuava l’allora minorenne -l’ammazzammu. Ti giuroa me frati sviniu (è svenuta, ndr), chiossai di na vuota. Ti giuro, ava muoriri, me frati. In sette, u vo capiri! A chista mancu a canuscievo io…Cumpà ficimu un macello, n’addivertemmu. Ti giuro a me patri, troppi cianchi (risate, ndr)», si vantava R.P. aggiungendo una serie di volgarità irripetibili illustrando per filo e per segno gli abusi del branco.