Ottavio Bianchi: «Le immagini delle bare portate sui camion militari a Bergamo, scena terribile»

«Una vita che non è più vita. Rinchiuso dentro casa senza avere un orizzonte, in giornate che sono tutte eguali e tutte piatte, aspettando il bollettino serale dei Tg che fanno la conta dei morti. Voci che si accavallano, quella di parolai, con contraddizioni che si intrecciano, Io vivo qua da sempre, anche se ho avuto la fortuna di girare tanto e di fare ciò che mi piaceva; da 47 anni sono a Bergamo, penso di conoscere un po’ la mia terra e la mia gente, che ha in testa innanzitutto il lavoro. E’ tutto fermo, adesso, e non siamo in grado di stabilire cosa accadrà dopo, perché il pericolo maggiore sta per arrivare. Il telefono adesso è un tormento: hai paura che ti chiamino per dirti che un parente o un amico sia scomparso. Ho davanti agli occhi, ogni notte, le immagini delle bare portate sui camion militari. E’ la scena più dolorosa a cui abbia assistito: ci siamo ritrovati dentro a questo orribile film, però scoprendo che era la realtà a cui siamo stati costretti. Vorremmo il conforto della scienza ma spesso i virologi sono in contrasto tra di loro. C’è fumo nelle teorie e psicologicamente si fa sempre più dura. Non è cominciata e sono privo di immaginazione. Penso a chi ha lavorato una vita intera per lanciare un negozio, un bar, un ristorante ma non sanno quando riapriranno e come. E penso anche ai nostri nonni, ai genitori, a noi stessi, ai nostri figli, a chiunque abbia fatto sacrifici per costruire qualcosa che sta sparendo, sotto il peso della crisi economica. Siamo stati bravi e rigorosi nei comportamenti, almeno così mi sembra. Però poi se sto lì a riflettere mi accorgo che ci vorrebbe una prospettiva, fosse anche solo per una passeggiata, pochi metri, quelli che servono a chi ne ha veramente bisogno. E poi per chi come me ha un’età, per quella fascia di persone che si chiama anziana, ora c’è l’oblio: non muovetevi, non dovete, non potete. Mentre invece il fisico ne ha bisogno: sgranchirsi le gambe non è un desiderio stupido di chi è vecchio, per qualcuno è una necessità». Queste le parole dell’ex allenatore Ottavio Bianchi, rilasciate ai microfoni di “Il Corriere dello Sport” in merito all’emergenza Coronavirus e alla sua vita a Bergamo durante la pandemia.