Milano Finanza: “L’anno zero dei diritti tv. Sky pronta a riprendersi la Champions? Palermo-Sassuolo…”

Dopo solo tre giornate in Serie A già si rischia grosso. È ciò che emerge analizzando i dati relativi alle presenze negli stadi e quelli degli ascolti televisivi. La media di spettatori è calata dai 21.862 della prima giornata (20-12 agosto) ai 20.553 della terza (10-12 settembre). I dati sono in calo anche rispetto a quelli medi della stagione 2015-2016 (22.078 spettatori), a loro volta in sensibile flessione rispetto a quelli del torneo 2012-2013 (24.655). Del resto la media di riempimento degli impianti sportivi (58%) è la più bassa tra quelle dei principali campionati europei. E per fortuna che c’è la Juventus (39-40 mila tifosi a partita in casa, per un coefficiente di riempimento del 93%) che prova risollevare il trend. A questi sconsolanti numeri si aggiungono quelli dello share medio televisivo: nello scorso campionato gli ascolti sono calati del 6% rispetto alla stagione precedente: 19 milioni di telespettatori in meno. Tale calo prolungato preoccupa Sky Italia e Mediaset Premium, visto che in tre tornei si sono persi 50 milioni di ascoltatori passando dai 360 milioni del 2012-2013 ai 310 dell’ultima stagione milioni. Il tutto a fronte dei 945 milioni spesi, su base annua (oltre 2,8 miliardi per l’asta 2015-2018), in totale da Sky e Premium per aggiudicarsi i diritti di trasmissione. È anche così che si spiegano le difficoltà economiche della pay tv del network guidato da Pier Silvio Berlusconi (83 milioni di euro persi nel 2015 e 100 milioni di rosso nel primo semestre di quest’anno), sulla quale dallo scorso aprile ha messo gli occhi la francese Vivendi (proprietaria della pay Canal+), che però a fine luglio si è improvvisamente tirata indietro avviando un contenzioso che rischia di trascinarsi a lungo. Il sempre minor interesse degli italiani nei confronti del calcio spiega anche un altro fenomeno: l’encefalogramma piatto fatto segnare negli ultimi anni dal numero di abbonati alle due piattaforme televisive. Non ci si stacca dai 6,5-7 milioni (4,74 milioni Sky e 2 milioni Premium) di metà degli anni Duemila, benché nelle previsioni dei due broadcaster (e anche degli strategist di mercato) il traguardo degli 8-10 milioni di clienti sembrasse facilmente raggiungibile. Del resto mandando in onda partite come Udinese-Empoli (0,05% di share), Sampdoria-Atalanta (0,08%) o Palermo-Sassuolo (0,16%) è dura risalire la china. Urge un completo ripensamento dell’offerta. Ecco che allora il 2017 rappresenterà l’anno zero per il calcio in televisione. Perché a partire dal prossimo febbraio scatteranno le aste per l’acquisto dei diritti della Serie A e della Champions League, che dovrebbero concludersi intorno a giugno. Un banco di prova impegnativo per le due emittenti, ma anche per i rispettivi azionisti attuali e, forse, futuri, come Vivendi. Per quanto riguarda la Serie A, se ci si dovesse basare sui dati d’ascolto e sulle presenze negli stadi, la Lega dovrebbe abbassare le pretese economiche e le due pay tv dovrebbero dunque spendere meno. Ma questo scenario innescherebbe un effetto-domino sui bilanci del club, diminuendo la loro competitività, soprattutto in Europa, dove già da anni i risultati non arrivano. Allargare il gap con Real Madrid, Barcellona, Bayer Monaco e le inglesi significherebbe dire addio ai sogni di gloria, anche se dalla stagione 2017-2018 la A avrà diritto a quattro squadre in Champions. A ciò va aggiunto che la partita dei diritti tv non è affatto semplice, visto che l’ultima gara è finita nel mirino della Procura di Milano e i magistrati hanno già indagato dirigenti, anche di Infront, l’advisor della Lega Calcio. Infront tra l’altro si appresta a gestire il bando con un nuovo proprietario, ossia il colosso cinese Dalian Wanda. E cinesi (Everbright e Baofeng) sono anche i nuovi proprietari della Mp&Silva, la società specializzata nella gestione i diritti internazionali. È per questo che, secondo alcuni esperti interpellati da MF-Milano Finanza, occorre un radicale ripensamento delle condizioni del bando. A partire dalla gestione della gara stessa. Perché in Inghilterra, Germania, Spagna e Francia tutto avviene sotto la gestione diretta delle federazioni, mentre in Italia si è deciso di affidarsi a un advisor, Infront appunto, che ha garantito introiti mai visti prima (945 milioni l’anno) ma ha anche incassato commissioni stellari (48 milioni su base annua dai 37 milioni incassati prima del bando del giugno 2014) grazie anche all’effetto della vendita dei diritti stranieri, più di quanto abbia incassato pro-quota dalla Lega il Torino di Urbano Cairo (41 milioni) e poco meno degli introiti garantiti alla Fiorentina dei Della Valle (51 milioni). Va inoltre segnalato che Infront in Italia oggi è guidata da Luigi De Siervo, ex manager Rai che ha preso il posto di Marco Bogarelli, che tra l’altro cura il marketing e i diritti d’immagine della gran parte delle squadre di serie A e gestisce le regie tv del campionato. Si può stimare che, se il bando fosse stato gestito direttamente dalla Lega Calcio, i club avrebbero incassato il 4,5-5% in più, ovvero i quasi 50 milioni dell’assegno destinato a Infront. Un’altra grande innovazione che andrebbe studiata in Italia, adeguandosi agli altri principali campionati, è l’introduzione di esclusive vere e proprie delle partite, magari dei big match (oggi molti incontri sono condivisi tra le due pay tv). La Bundesliga può essere un punto di riferimento da questo punto di vista. In giugno la Lega tedesca, senza advisor, ha messo all’asta tutti i match (612) suddivisi in pacchetti di esclusive; Sky si è aggiudicata il 93% delle partite mentre il resto è andato a Eurosport per un totale di 1,16 miliardi a stagione: +85% rispetto al pacchetto 2013-2017. Altro esempio: in Spagna a inizio anno è stata decisa la vendita centralizzata dei diritti 2016-2018: dieci pacchetti, con tutte le partite in esclusiva. Li hanno presi Telefonica e BeIn Sports-Mediapro, che poi si sono accordati sulla distribuzione. Risultato: i ricavi a stagione sono aumentati del 60% a 983 milioni. Un altro aspetto da non sottovalutare sono gli introiti garantiti dai diritti esteri: la Serie A è stata valorizzata 185 milioni a stagione, portando così il totale degli introiti per la Lega a 1,05 miliardi l’anno. Una importo che ha fatto scivolare il campionato italiano al quarto posto sui cinque principali tornei continentali. Un altro tema è quello dell’asta per i diritti tv della Champions che scatterà a febbraio in Inghilterra, il mercato più ricco (per la Premier sono stati spesi in tutto 6 miliardi di sterline: 4 da Sky e 2 da British Telecom) che farà da benchmark per gli altri mercati europei. E in Italia ci sarà particolare attenzione alla sfida tra il Biscione e la pay di Rupert Murdoch. Perché non è detto che Mediaset Premium sia pronta a mettere sul piatto la cifra pagata nel 2014 (660-670 milioni) e quindi Sky si troverebbero a contrattare da sola (e in ovvia posizione di forza) con l’Uefa. A meno che, come qualcuno sul mercato ipotizza, la televisione a pagamento guidata in Italia dall’amministratore delegato Andrea Zappia alla fine non rilevi lei stessa Mediaset Premium, eliminando così dal mercato l’unico rivale“. Questo quanto si legge nell’edizione odierna di “Milano Finanza”.