L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma su Lukaku che vuole tornare in Italia.

In entrambe le case londinesi, una in zona Kensington e l’altra nel verde di Cobham, ogni sera Romelu Lukaku ripensa a quel tempo felice con la corona sulla testa. “Quando eravamo re”, diceva qualcuno. A fargli compagnia un filmato su YouTube di un vecchio gol allo Slavia Praga, un video su Instagram dei duetti col gemello Lautaro, un quadro di lui di nerazzurro vestito che illumina una parete: il mondo Inter riempie ancora il suo, ci mancherebbe pure. Semmai, il problema (enorme) è che il nuovo mondo Blues, quello ben più ricco che si è scelto qualche mese fa, non gli si addice proprio.

Più passa il tempo e più in Inghilterra la realtà si fa evidente. Rumorosa. Lukaku e il Chelsea non sono fatti l’uno per l’altro. Sono corpi estranei uniti in un inciampo del destino. Così, nel cuore di Romelu, assieme alla nostalgia per Milano, sta crescendo una sottile speranza: quella di riabbracciare il nerazzurro presto, prestissimo, magari già la prossima stagione. Dicono che si torni sempre dove si è stati felici e, in effetti, niente gli ha dato gioia quanto l’urlo di San Siro. Nella ormai famosa intervista a Sky Italia di fine dicembre, Lukaku non si era certo morso la lingua: oltre a mandare messaggi d’amore pubblici ai suoi ex tifosi, aveva aperto al suo ritorno in un imprecisato futuro. Da allora, le cose sono perfino peggiorate: Lukaku vorrebbe che quel futuro diventi presente.

Niente risate L’operazione è tutt’altro che semplice, servirebbero equilibrismo da acrobata, ma i messaggi che da Londra arrivano a Milano sono continui, sinceri, univoci: «Se volete, se si può, io ci sono…». E questo ben prima degli ultimi avvenimenti che hanno reso ancora più periferico Romelu nel pianeta Chelsea: martedì la sua panchina fragorosa per l’intera partita di Champions ha fatto più notizia dei due gol segnati al Lilla. Da subentrato all’80’ Timo Werner ha lavorato più palloni dei miseri sette toccati da Romelu sabato scorso in tutti i suoi 90, angoscianti minuti contro il Crystal Palace: è il record negativo della Premier, mai un giocatore era entrato per meno volte in possesso della sfera. «Non riesce a inserirsi nel nostro gioco e non so cosa posso fare», aveva detto dopo il match il tecnico tedesco. «Non è il momento di ridere di lui e lo proteggeremo», aveva pure aggiunto, ma qualcuno tra i baffi ha visto scappargli un sorriso sardonico. «È stanco mentalmente», l’ultima giustificazione di Tuchel martedì sera, dopo aver fatto assaggiare al suo numero 9 la panchina, la più amara e fredda. Com’è lontano, invece, il caldo di agosto, quando il Chelsea campione d’Europa lo accoglieva come un figliol prodigo dopo aver staccato un assegno da 115 milioni per gli Zhang. Al tempo, Lukaku mostrava emozionato sui social un video di sé bambino, in gita per la prima volta a Stamford Bridge con occhi pieni di meraviglia: pareva una fiaba, un cerchio chiuso a distanza di anni. Nello stesso momento, da Milano, i tifosi nerazzurri feriti vedevano ben altro: un traditore per denaro, un fuggiasco nella tempesta. Da allora, però, molto è cambiato, sia sotto al cielo del belga che sotto a quello dell’Inter: Romelu ora muore di nostalgia per gli ex compagni e i nerazzurri hanno ritrovato parte dell’antica solidità. Sul mercato, però, hanno scelto una strada differente da quella del belga: il tempo dirà se potrà mai cambiare.