L’ex rosa è la rivelazione della serie C. Possanzini: «Il mio Mantova all’attacco!»

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista all’ex rosanero Possanzini.

Il nome è un po’ pretenzioso: Mantovanello . E’ un centro sportivo spartano, ma funzionale. Niente lounge e clubhouse, solo servizi essenziali e tanti progetti per migliorare. Tempo, forza e idee ci sono. All’entusiasmo ha contribuito Davide Possanzini, che ha risvegliato una città e dato forza a una società comunque solida. Il Mantova in estate è stato riammesso dopo la retrocessione grazie alla rinuncia del Pordenone, è primo con 6 punti di vantaggio sul Padova e gioca il vero calcio moderno. Come vuole Possanzini.

Lo sa che è l’allenatore di tutta la Serie C che incuriosisce di più, anche ai piani più alti? «Io? I giocatori, non io».

Non faccia il modesto. «Qui abbiamo un motto: l’idea esalta la qualità, e la qualità esalta l’idea. Senza qualità, l’idea non serve. Molto semplice».

L’idea, vedendovi, è: costruzione da basso, sviluppo del gioco, giochismo estremo. «E’ così da sempre. C’è la diatriba tra giochisti e risultatisti, per me questo è il modo per arrivare più facilmente al risultato, creando spazi agli attaccanti».

Come ha sviluppato l’idea? «Mi sono sempre fatto tante domande, rivedevo le partite e ne parlavo coi miei allenatori: non tutti mi davano le risposte che volevo e così le trovavo da solo».

Però è stato importante il suo lavoro con De Zerbi, dal 2015. «Abbiamo giocato insieme a Brescia e abbiamo fatto il corso Uefa B, da lì sono nate amicizia e collaborazione per quasi 7 anni, abbiamo condiviso tante cose».

Ora lui è al top. «E se lo è assolutamente meritato, visto il tempo che dedica, come ci crede e quello che ottiene. Ha l’ambizione di diventare il più bravo, fa bene».

Però è vero che De Zerbi si è risentito perché lei non l’ha seguito al Brighton? «Sarebbe stato bellissimo continuare con lui, ma ho voluto camminare con le mie gambe e sviluppare la mia idea».

Siete scappati insieme dall’Ucraina quando è scoppiata la guerra: ha avuto paura? «E’ stato bruttissimo, ma siamo stati fortunati a essere tutelati da ambasciata e Uefa. Siamo stati rifugiati cinque giorni, poi abbiamo potuto prendere un treno da Leopoli per l’Ungheria e poi un volo privato. Quando si dice che il calcio è per privilegiati, questa è la dimostrazione».