Il Messaggero: “L’Italia riparte. Mancini «Ma è l’attacco il vero problema. Seguo Compagno da due anni»”

L’edizione odierna de “Il Messaggero” si sofferma sulla Nazionale azzurra e riporta un’intervista a Roberto Mancini.

Riecco l’Italia, dopo il Mondiale visto alla tv.C’è l’Inghilterra, si gioca al Maradona di Napoli, il 23marzo, in ballo la qualificazione a Euro 2024 in Germania: è anche la “prima” dopo la scomparsa di Gianluca Vialli. Napoli ha significato tanto per Mancio e per Gianluca, sempre con l’azzurro addosso. Mancini, che Inghilterra si aspetta? «È tra le più forti in giro. Al Mondiale è stata eliminata dalla Francia anche immeritatamente. È importante cominciare bene, ci vuole uno stadio pieno di amore per l’Italia. Come ogni domenica in cui gioca il Napoli».

L’Italia dovrà fare a meno anche di Immobile. In attacco c’è qualche problema? «Qualche?! I problemi sono seri. Immobile è ko, Raspadori in forse. Ci sono grossi interrogativi. Inostri attaccanti centrali, quasi tutti, hanno giocato pochissimo negli ultimi mesi. Non ne abbiamo uno che sia un titolare, fatta eccezione per Gnonto, impiegato un po’ di più nel Leeds e può agire da punta centrale. Ma per il resto, siamo messi male: pure Scamacca è reduce da un infortunio, Belotti gioca poco. In difesa e a centrocampo le soluzioni ci sono. E lì in attacco che abbiamo problemi ma non perché non ci siano talenti. Ma devono giocare. E non giocano».

Ed ecco che è spuntato il nome di Andrea Compagno, che sta in Romania. «Lo seguo da due anni, peraltro gioca sempre e fa pure gol». Donnarumma resta il titolare nonostante le sue difficoltà? «Gigio è il nostro numero uno, la gerarchia è questa. Meret lo abbiamo sempre chiamato e apprezzato ma il titolare èDonnarumma».

Resta valido l’invito di andare all’estero pur di giocare? «I nostri giovani hanno qualità per stare anche in serie A. Serve chi gli dia fiducia».

Avete dimenticato il Qatar? «Sì, basta pensarci. È stata una delusione. Ma dobbiamo mettere tutto alle spalle, delusioni e le cose belle».

Che differenza nota tra i calciatori ventenni di oggi e il Mancini di quell’età? «C’era più passione. Il mondo è cambiato e il calcio era più bello: c’erano le bandiere, si restava per anni nella stessa squadra, non c’erano gli stadi vuoti. Oggi tutto si è raffreddato».

Che Italia promette da qui in avanti? «Vogliamo giocare bene, non possiamo complicarci la vita…».

Perché i calciatori vogliono tutti andare in Premier? «Perché è bello, interessante, duro. La mia speranza è che l’Italia diventi come la Premier, come lo era tanti anni fa. E il primo passo sono gli stadi».