Il Fatto Quotidiano: “In Arabia non tutto è “oro”. Benzema &. C. in gabbia. Regole e divieti. Nei post partita non è possibile nemmeno fare la doccia nudi”

L’edizione odierna de “Il Fatto Quotidiano” si sofferma sull’Arabia Saudita e le regole e i divieti.

Una nuova terra, cioè un nuovo campionato, dove giocare viziati e strapagati, macchine di lusso, ville da sogno, stipendi mai visti, il contratto della vita per tutti. L’Arabia con le sue risorse sconfinate sembrava, forse è ancora, la nuova frontiera del calcio moderno, tanto che in molti si erano già affrettati a proclamare la morte della vecchia Europa e della Champions League. Ma come nella storia, pure nel pallone l’El Dorado – in questo caso saudita – rischia di rivelarsi solo un mito, un’illusione. Una fregatura.

La prima metà di stagione della nuova Saudi Pro League ha dimostrato che la tradizione nel calcio non si compra, almeno non in soli sei mesi. In testa alla classifica c’è l’Al-Hilal di Milinkovic e Koulibaly (più l’infortunato Neymar), secondo l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo, che aveva tracciato la via in tempi non sospetti, trasferendosi in Arabia con un anno d’anticipo, e continua a inanellare record, segnando caterve di gol contro difese ridicole. La competizione non interessa a nessuno. Il livello tecnico è infimo, gli stadi sono mezzi vuoti (20mila spettatori quando va bene, più spesso 10 o 5mila, roba da Serie C), le partite registrano ascolti tv irrilevanti. Il campionato saudita, insomma, è una patacca. Ma se questo potevano aspettarselo, i giocatori che hanno ceduto alle lusinghe – cioè ai soldi – saudite stanno scoprendo sulla loro pelle che l’Arabia non è affatto l’Eldorado immaginato.

A fine anno, Karim Benzema – la stella più luminosa acquistata dopo Cristiano Ronaldo – si è improvvisamente eclissata: assente senza preavviso nell’ultima gara stagionale, oscurato sui social, sparito nel nulla. È ricomparso a Madrid, la città dove aveva felicemente vissuto negli ultimi 15 anni, e il suo club (l’Al-Ittihad, che se la passa maluccio in classifica, appena settimo, e una figuraccia rimediata al Mondiale per club) ha provato a metterci una pezza, spiegando che si trattava di un permesso concordato per ragioni personali. Ma le modalità inquietanti della fuga hanno acceso i riflettori sulla condizione di Benzema e degli altri suoi colleghi.

Il calcio giocato è ormai solo una piccola parte nella routine di un giocatore moderno, e se quello va maluccio, il resto in Arabia è molto peggio. Niente alcol, donne manco a parlarne, addio vita mondana, passerelle, locali alla moda. Di recente James Rodriguez, ex centrocampista del Real Madrid che nel 2022 ha  giocato per una stagione nel Al-Rayyan – ha raccontato che ai tempi della sua esperienza in Qatar non gli era concesso nemmeno di farsi una normalissima doccia nudo dopo gli allenamenti, perché da quelle parti è vietato anche questo. D’accordo l’auto di lusso ma per andare dove, il conto in banca lievita ma per farci cosa? All ’Arabia il calcio e i calciatori servono per ripulirsi la reputazione, comunicare l’immagine di un  Paese accogliente e moderno, ma la realtà è un’altra e questi ragazzi di 30 anni o poco meno passano il tempo segregati nelle loro prigioni dorate, a rimpiangere probabilmente i giorni in cui si divertivano a Milano, Londra, Parigi.