Gli oligarchi russi dei club europei a rischio sanzioni

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul rischio sanzioni per i club russi.

In principio fu Abramovich, lo Zar di Londongrad. Poi sono arrivati gli altri. Alcuni si sono fatti da parte, dopo la prima invasione del Donbass nel 2014. Altri sono falliti o finiti peggio. Oggi non sono più tanti gli oligarchi russi a investire nel calcio in Europa. In Inghilterra oltre a Roman c’è l’uzbeko Alisher Usmanov, 68 anni, ex azionista dell’Arsenal al 30% e ora top sponsor dell’Everton, e azionista di minoranza, con le aziende Usm, Megafon e Yota, che h a versato 36 milioni di euro per i naming rights del nuovo stadio. E’ il primo degli oligarchi del football a esser stato sanzionato. A Bournemouth, sulla Manica, 2° in Championship – seconda serie -, ma in Premier dal 2015 al 2020, opera Maxim Demin, 52 anni, entrato nel club nel 2011 per 12 milioni di euro, allora il club era in C, capo di un’azienda del petrolchimico. Nel 2015 ha venduto il 25% delle azioni del club a un fondo Usa, per ricomprarle nel 2019, e ha ottenuto un passaporto britannico che oggi lo tiene al riparo da sanzioni.

In cella Nel Principato, Dmitry Rybolovlev, 55 anni, di Perm, Urali, 7 miliardi di euro di proprietà, ex imprenditore dell’Uralkali, la più grande azienda produttrice di potassio, venduta (per volere di Putin) a Kerimov, oligarca più vicino al Cremlino, amico di Trump dal quale comprò nel 2008 per 100 milioni la Maison de L’Amitie a Palm Beach. Una vita da romanzo, la sua. Cardiologo con paga da fame ai primi Anni 90, 11 mesi di carcere nel 1996 con l’accusa di omicidio di un collaboratore dell’Uralkali, società mineraria rilevata acquistando azioni dagli operai, in cambio di vodka e Lada, le auto sovietiche. Gli va bene che dal Duemila in poi il prezzo del potassio aumenta di 5 volte. E nel 2010 molla l’azienda, si rifugia in Svizzera per traslocare a Montecarlo nel 2010.

A Monaco Rileva l’AS Monaco per 1 euro nel dicembre 2011, con la Rigmora Holdings Limited, quando navigava nei bassifondi di Ligue 2. Oggi ha una collezione d’arte da Gauguin a Picasso, l’isola di Skorpios in Grecia che fu di Onassis, superattico sul Central Park, villa alle Hawaii e molto l’ha lasciato all’ex moglie Elena, che dal divorzio ha ottenuto circa 3,5 miliardi di euro, un terzo dell’allora patrimonio di Rybolovlev. Che a Monaco ha vinto una Ligue 1 nel 2017 con un giovane Mbappé, rivenduto per 180 milioni al Psg, ha raggiunto una semifinale di Champions, ha portato nel principato Falcao e James Rodriguez, Bernardo Silva e Fabinho. Rybolovlev, che nel 2017 ha acquisito in Belgio anche il Cercle Bruges (oggi in A). ha anche il passaporto cipriota, ha sempre preso le distanze da Putin, dicendo di aver fatto business prima della sua ascesa, e non compare (ancora) fra gli oligarchi da sanzionare in Europa. Anche se il suo nome è presente nel “Putin Accountability Act” – l’elenco delle persone che hanno legami con il presidente russo per cui si richiedono sanzioni – stilato dai deputati del Congresso Usa. Intanto domenica il magnate era in tribuna accanto al Principe Alberto, il suo vice Oleg Petrov, e sua figlia Ekatarina, col marito l’uruguaiano Juan Sartori, azionista di minoranza a Sunderland.