Giugliano, Sestile: «Dalla D in giù ricopriamo oltre il 70% del settore»

Luigi Sestile, Presidente del Giugliano, è intervenuto stamattina ai microfoni di “SpazioNapoli”. Ecco qui di seguito le sue parole.

Si tende sempre a pensare a società di Serie A e B e quasi mai a società di serie minori che comunque portano avanti il motore del calcio. Qual è la posizione del Giugliano Calcio in questo momento?

«Le società minori, come noi, di Serie D, Eccellenza a scendere in giù, oggi è risaputo che ricoprono il 70/80% di quello che è il settore calcistico nazionale. Per questo diciamo, non siamo bistrattati ma siamo visti in modo differente da quelle che sono le società di A, B e forse anche Serie C. Soprattutto per quanto riguarda i temi di questo momento, che ci sono a cuore, quelli della salute di tutti gli italiani ai tempi del COVID-19, è chiaro che noi abbiamo un’organizzazione diversa da quelle che sono le società maggiori, degli introiti diversi e quindi ci aspettiamo un supporto maggiore da quelli che sono gli organi preposti, perché, come dicevo prima, siamo la maggioranza in confronto a quello che può essere il calcio professionistico nazionale. Noi Giugliano Calcio stiamo vivendo la situazione come tutt’Italia, in attesa, fermi, ottemperando a quelle che sono le disposizioni governative, della Sanità ed attendiamo indicazioni».

In merito agli introiti, intorno agli stipendi di staff e calciatori, c’è preoccupazione?

«Per quanto riguarda la parte economica con i calciatori noi siamo tranquilli e sereni, perché abbiamo sempre ottemperato a tutto. Siamo fermi, non con i pagamenti, ma fermi in quanto attendiamo disposizioni. Per quanto riguarda gli stipendi, siamo in linea per quella che è l’emergenza, anzi, forse abbiamo fatto di più di quello che altre società hanno fatto. È anche vero che noi guardiamo in casa nostra e non in casa degli altri, ma ci siamo mossi di più come società e come famiglia. A noi piace molto, sottolineare in grassetto la parola “famiglia” in casa Giugliano».

Lei ha sentito staff e calciatori? Sa cosa pensano, se vogliono una ripresa o rimandare al prossimo anno?

«Ci sentiamo molto spesso, però oggi secondo me non bisogna parlare in chiave: cosa vogliamo. Oggi dobbiamo essere principalmente italiani e pensare al bene di tutta la Nazione, dove abbiamo circa 400/500 morti al giorno per quanto riguarda la pandemia e non bisogna parlare di una ripresa di calcio, di sport, perché oggi credo che venga davanti a tutti la salute di tutti noi italiani. Questo pensiero, sentendo i miei calciatori e gli addetti ai lavori, è un pensiero comune. Prima la salute di tutti, cautelandoci, poi possiamo parlare di sport, ripartenza e quant’altro.
Capisco bene che per molti atleti a livello nazionale è un lavoro come per molti non lo è, perché magari hanno un lavoro a parte ed il calcio diventa un hobby, ma oggi va messo da parte tutto ciò dando priorità alla salute di tutti noi. Considerando il calcio come un qualsiasi lavoro della filiera produttiva italiana, il calcio oggi è fermo, com’è ferma una pizzeria, la ristorazione o un cantiere edile».

 

Abbiamo accennato prima alla Lega Dilettanti, ha sentito i vertici ed avete parlato di un futuro?

«Ho sentito il presidente Sibilla nelle scorse festività pasquali. Come tutti, anche la Lega sta attendendo i dettami della Sanità nazionale che ci indicheranno quale strada prendere e noi siamo in attesa».

Come lo vedete voi, Giugliano Calcio, il futuro una volta finita questa pandemia?

«Il Giugliano l’anno prossimo ci sarà, l’ho detto e lo ripeto, ci saremo al nastro di partenza. È logico che bisogna capire come e quando iniziare questo nuovo percorso. In futuro ci sarà sicuramente un progetto verde, un progetto giovane. Questo, al di là del COVID-19 era già nel pensiero e nella programmazione della società, ancor prima che ci fosse la pandemia».

I margini necessari quindi, per vedere di nuovo il Giugliano in campo, sono dettati dalla Sanità, da quello che ci diranno i medici e chi è preposto a questo?

«Per sommi capi è cosi, oggi ci sono tante voci in giro per chiusura, ripartenza e quant’altro, ma se si dovessero adottare i criteri che si stanno pensando per Serie A, B e quant’altro, a livello di visite mediche, analisi, ritiri di società chiuse coi calciatori, c’è tutta una serie di accortenze da seguire. Io credo che noi società minori non siamo attrezzati per poter ottemperare ad un protocollo medico di questo tipo per due motivi: le strutture e la parte economica. Si parla di fare analisi speciali ai calciatori ogni 3/4 giorni ed ognuna di queste costerebbe all’incirca sui mille euro e non credo sia poco. Le società minori sono società che si sostengono tramite l’unione di soci, presidenti e quant’altro, oppure da sponsorizzazioni che provengono dal mondo esterno. In questo momento dove l’Italia è semi paralizzata e vanno avanti solo le filiere che servono a combattere questa pandemia, si ipotizza che le sponsorizzazioni si siano bloccate per tutti. Se non riparte la filiera lavorativa nazionale che viaggia parallelamente allo sport, credo che sia difficoltosa una ripartenza col piede premuto sull’acceleratore. Bisogna ripartire dolcemente ponderando bene tutto quello che si va a fare. È facile dire ripartiamo, per poi creare problemi ad ottobre, novembre, dicembre o gennaio prossimo».

La Serie C è ferma e non ripartirà, Lei crede sia una scelta dettata dal fatto che le società minori non hanno un potere economico talmente grande da poter sostenere tutte le spese o è dovuta alla mancata esistenza di una data di scadenza alla pandemia?

«Credo siano valide entrambe le ipotesi. A livello economico, questa situazione è un trauma che hanno subito tutte le società, a partire dalla Serie A fino ad arrivare alla terza categoria ed anche l’emergenza sanitaria poi porterebbe a spostare tutto il campionato. Invito ad una riflessione, ci sono società che hanno il 70% di giocatori stranieri che oggi non sono in sede, questi dovrebbero rientrare e non ne hanno la possibilità perché ci sono delle Nazioni che a livello di emergenza sono 15 giorni indietro all’Italia, come noi lo eravamo con la Cina. Stando a ciò, come si può ipotizzare una ripartenza, per una società che può avere 6 o 7 giocatori all’estero, senza questi calciatori?. Dietro a questa ripartenza ci sono tantissime sfaccettature di cui tener conto, perché è facile dire ripartiamo, ma ci sono società e non è il nostro caso, che hanno tesserati stranieri che vivono attualmente fuori dal suolo italiano».

In virtù di questo, Lei crede che ora le società possano finalmente puntare sui giovani italiani accantonando un attimo i giovani stranieri? Parlando di calcio, ovviamente.

«Assolutamente sì, io sono favorevole a ciò. Come ho detto pocanzi il progetto giovane del Giugliano era partito prima della pandemia ed è sicuramente un progetto che noi come squadra cercheremo di mettere in atto in ambito nazionale. E dico di più, possibilmente nell’ambito regionale. La Campania è una regione che può offrire tanto allo sport, abbiamo tanti giovani campani che vengono messi da parte per dar spazio ad altri giocatori. Io credo che lo sport minore possa servire anche a questo, a fare aggregazione sportiva e sociale e quindi, se ogni regione riesce a mettere in atto un progetto di questo tipo avremmo sicuramente più calciatori nelle Serie maggiori. Purtroppo in Serie A ed in B, credo che in tutto i calciatori italiani, siano pochi. Non ho nulla contro i giocatori stranieri, anzi, lungi da me una simile idea, ci tengo a chiarirlo; ma è giusto che si dia spazio ai giovani italiani, campani, napoletani e nel nostro caso giuglianesi».

Abbiamo detto che quello che portate avanti è un progetto verde, Lei si auspica un giorno di arrivare nella massima serie portando avanti il progetto giovani o crede che per arrivare nelle serie maggiori ci sia bisogno di un cambio radicale del progetto?

«Qualsiasi Presidente a questa domanda risponderebbe che è palese che ognuno voglia arrivare il più in là possibile. Arrivare coi giovani sarebbe ancora più bello perché significherebbe costruirlo; magari non ci si può arrivare subito, ma mettere su una squadra giovane e fare un salto di categoria è la cosa giusta da pensare oggi altrimenti vengono a cadere tutte le premesse che abbiamo fatto prima. Mi auguro che sia la mia famiglia, la famiglia Sestile con me, mio nipote e quello che era il progetto di mio fratello, a portare il Giugliano calcio il più in là possibile.
Se tutti i tifosi Giuglianesi, come già fanno, continueranno a starci vicino, siamo pronti a metterci in gioco. È chiaro che ci vuole pazienza, ce ne voleva prima del COVID-19 ed ora ne serve ancor di più. Vorrei aggiungere inoltre, un’ultima cosa: mi auguro che la città di Giugliano, tifosi e non solo, continuino ad ottemperare alle disposizioni sanitare per uscire quanto prima possibile da questo dramma che stiamo vivendo».