Gds: “Gli imprenditori di Arkus interrogati dopo il blitz. L’allegra gestione e il denaro sparito. I Tuttolomondo «Niente di illecito. Volevamo fare grandi cose»”

L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sull’inchiesta relativa al fallimento del vecchio Palermo, culminata con l’arresto dei fratelli Tuttolomondo.

Ecco quanto riportato:

“Niente di illecito, dicono adesso. Volevano fare grandi cose, è mancato il
tempo. Walter Tuttolomondo e il fratello Salvatore, dopo gli arresti della settimana scorsa provano a minimizzare. Ma i due patron di Arkus non convincono i pm né il giudice. Entrambi ridevano davanti ai flash della conferenza stampa che, l’8 maggio 2019, annunciò la transizione del vecchio Palermo nelle mani dei due imprenditori campani: «Costruiremo lo stadio nuovo. Iscrizione al campionato? La garantiamo in A o in B. Abbiamo acquistato per un mix di ragioni, tra cui quelle affettive, collegate alle nostre origini familiari. Nostro padre era siciliano; vogliamo continuare a seguire la sua linea. Siamo in Sicilia per le sue attrattive e ci vogliamo sviluppare con le altre aziende del nostro gruppo. Vogliamo riportare i rosanero agli antichi splendori».

L’inchiesta Tempi supplementari racconta invece un’altra storia: all’Us Città di Palermo i due hanno portato via pure gli ultimi spiccioli rimasti nei cassetti aperti. I Tuttolomondo e gli altri indagati nell’operazione della guardia di finanza sono stati interrogati dal gip Lorenzo Jannelli e hanno risposto, adducendo giustificazioni assolutamente poco plausibili con il quadro accusatorio. I due fratelli, difesi dall’avvocato del foro di Roma Marco Franco, restano in carcere. Arrampicarsi sugli specchi: sembra una specialità già accertata nelle carte dell’inchiesta coordinata dal procuratore Salvatore De Luca e dai sostituti Dario Scaletta e Andrea Fusco, che racconta le presunte irregolarità fiscali, la bancarotta e l’autoriciclaggio degli ex patron del vecchio Palermo. Depauperato, tradito, fuori dal campionato di Serie B, spolpato fino all’osso. Nell’ordinanza, l’allegra gestione della contabilità targata Arkus. La distrazione di fondi e i reati di autoriciclaggio connessi alla vicenda Struttura srl, inerente al bonifico di 341 mila euro emesso da un conto della Us Città di Palermo in favore della società legata ai Tuttolomondo. Le intercettazioni confermano che la Struttura srl fosse in realtà una scatola vuota nelle mani della famiglia Tuttolomondo. In questo senso è emblematica la conversazione tra Salvatore e Walter nel luglio del 2019, durante la quale, secondo gli inquirenti, appare chiaro che i due trattino la società in questione come una sorta di cassa di famiglia a cui attingere all’occorrenza: «Fai una cosa prima… aspetta io ho il bancomat». Ulteriore conferma della cointeressenza tra Struttura srl e i Tuttolomondo si coglie dalla conversazione avvenuta dopo il commissariamento della Us Città di Palermo con la nomina dell’amministratore Giovanni La Croce. Salvatore si premura di ricordare al fratello che la società deve manifestare una certa operatività: «Guardiamo la Pec, se arriva la raccomandata… Ci manca solo che dà indirizzo sconosciuto». La guardia di finanza accerterà poi che sull’unico conto corrente a disposizione di Struttura srl presso le Poste di Roma, dal giorno
del bonifico di 341.600 euro pervenuto dall’Us Città di Palermo, ultimo atto predatorio alla società ormai in agonia, non si registrano altri bonifici in entrata successivi a quelli del Palermo Calcio. Tanto che l’istituto comunica che il saldo del conto a novembre risulta pari a 6,80 euro, cioè era stato svuotato. «Con le false causali dei bonifici in partenza dalla società – scrive il giudice – del tutto sganciati dalle reali attività, in realtà inesistenti, è sparito in modo apparentemente giustificato il denaro già sottratto alla società in dissesto»”.