Gazzetta dello Sport: Il caso L’ultrà serbo al Mapei Stadium «Nessuno scandalo, Bogdanov poteva starci» Scontati pena e Daspo, Ivan il Terribile è tornato in Italia per Sassuolo-Stella Rossa. La polizia: «Sapevamo che sarebbe stato buono»

C ontrordine compagni. L’esercito dei social indignati fa velocemente dietrofront: il signor Bogdanov il Terribile Ivan, feroce sovrano delle risse da stadio, terrore delle polizie di mezza Europa, quel che si dice un avanzo di galera (è un pluripregiudicato, in effetti), insomma il grande, grasso e tatuato ultrà serbo che il 12 ottobre 2010 mise a ferro e fuoco Marassi prima, durante e dopo Italia­Serbia, aveva tutto il diritto di assistere alla sconfitta della «sua» Stella Rossa, giovedì sera, nella curva Nord del Mapei Stadium di Reggio Emilia. E chi, avendolo rivisto in uno stadio italiano sei anni dopo i misfatti di Genova, ha urlato allo scandalo e chiesto rapide spiegazioni ai responsabili dell’ordine pubblico, piuttosto dovrebbe fargli i complimenti, per come ha gestito l’arrivo in città, il corteo dal centro allo stadio, e il ritorno in patria di una delle tifoserie più violente d’Europa. Due giorni fa, hanno vinto in due: il Sassuolo guidato da Eusebio Di Francesco e la task force messa in campo dal Questore Isabella Fusiello. Non è volato uno schiaffo, non ci sono stati danni, tutto è filato liscio. ARRIVO PREVISTO E non si sono aperte falle, né il piano di sicurezza è stato colto di sorpresa dalla presenza di Ivan Bogdanov. Come ci ha raccontato il Questore Fusiello, la polizia italiana era stata messa sull’avviso. «Le autorità serbe, con cui abbiamo collaborato benissimo, ci avevano diligentemente avvertito del rischio che potesse venire anche Bogdanov, aggiungendo pure che sarebbe arrivato senza propositi bellicosi, come poi effettivamente è stato. Tanto che si è presentato allo stadio all’ultimo momento, senza partecipare al corteo degli ultrà della Stella Rossa. Noi – prosegue la Fusiello – abbiamo segnalato la cosa al Viminale e ci siamo preparati al suo arrivo. Di più, non potevamo fare. Bogdanov, infatti, ha risolto tutte le sue pendenze con la giustizia italiana». PENE SCONTATE Proprio così. Sei anni fa, lo chiusero in un carcere genovese. Ci è rimasto circa un anno. Poi, lo hanno rispedito in patria con un decreto di espulsione dall’Italia della durata di cinque anni. È scaduto tre mesi fa e non è stato rinnovato perché, nel frattempo, Bogdanov si è tenuto alla larga dal nostro Paese. Anche il Daspo che gli era stato comminato è terminato, addirittura nel 2015. Come il decreto di inammissibilità in tutti i Paesi dell’area Schengen, scaduto pure quello. Insomma, per assurdo che possa sembrare, Ivan Bogdanov aveva tutto il diritto di acquistare un tagliando per Sassuolo­Stella Rossa, come il migliaio circa di connazionali calati a Reggio Emilia, e le autorità italiane nessuno di impedirglielo. E probabilmente, nemmeno se fosse stato intercettato alla frontiera (non è passato da Trieste e Gorizia, dov’era schierata la nostra polizia, ma è entrato dall’Austria), avrebbero potuto respingerlo. Insomma, tanto rumore per praticamente nulla. Il che non vuol dire che lo aspettiamo a braccia aperte al prossimo incrocio di un’italiana con una squadra serba.